Lia Courrier: “Nasce il movimento Lavorator_della danza, un bellissimo fermento da seguire”

di Lia Courrier
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Sembra proprio che nelle ultime settimane si cominci a respirare un po’ di normalità. Molti di noi sono tornati in sala ad insegnare, sebbene con molte restrizioni e col volto coperto dalle mascherine, ma almeno abbiamo potuto ricucire tutte quelle relazioni che sono state bruscamente interrotte dall’arrivo del Covid-19.

Preferirei glissare ogni commento sulla politica, perché altrimenti rischierei di scrivere un’opera in 10 volumi, anziché un articolo, ma una cosa la voglio dire al Ministro Spadafora: il nostro lavoro non è preparare i saggi, ma trasmettere i principi dell’arte del movimento ai nostri allievi. Ad ogni modo, se le istituzioni avessero una minima idea di cosa facciamo nelle sale danza, saprebbero che, anche volendo, riaprendo a Giugno e con una buona parte di genitori che hanno deciso di non far tornare i propri figli a lezione di danza, potranno anche darci il permesso di fare ‘i saggi’, ma in questa situazione non abbiamo nulla da portare in scena, perché ‘i saggi’ mica si improvvisano, ma si preparano in lunghissimi mesi di prove. Eppure, mi dico, anche i politici avranno figli che seguono lezioni di danza, possibile che non si siano mai preoccupati di sapere cosa li mandano a fare per uno o due pomeriggi a settimana?

Chiudo qui questo discorso perché mi sto già scaldando, ponendomi nell’ottica di spostare lo sguardo verso qualcosa di interessante, ossia un movimento che ha preso vita proprio in seno a questa quarantena, voluto da persone che hanno compreso che questa pausa forzata poteva essere una bella opportunità per portare alla luce tutte quelle afflizioni ataviche che da tempo stanno minando la salute della danza in Italia. Non sto parlando ovviamente del salottino laccato di Franceschini, che dal suo account zoom ha fatto credere di curarsi della cultura accerchiandosi di personaggi da copertina e vate dell’intellighenzia italica per parlare di fumo. No, lungi da me fare tanto rumore per nulla. Sto per presentarvi un movimento nato dal basso, mosso da sentimento democratico e collettivo, e che quindi, proprio per questo, non permette di risalire ad un solo nome, ma ad un gruppo di menti che ha deciso di porsi molteplici domande su vari aspetti dei mestieri della danza, non ultimo la condizione attuale e le grandi difficoltà che il settore sta vivendo in questo momento. Ma non solo, si propone anche di indagare nelle questioni pregresse che hanno portato la categoria a ritrovarsi tra i dimenticati, all’interno di questa emergenza. Ho fatto una lunga chiacchierata con il mio collega e amico Matteo Marchesi, che gentilmente mi ha aggiornata con puntualità e competenza sulle discussioni finora svolte, poiché purtroppo tra le lezioni on line e le riunioni per progettare il lavoro non mi è rimasto più tempo da dedicare ad altro. Lo ringrazio infinitamente per la sua visione sempre chiara e la sua proprietà di linguaggio che rende tutto estremamente chiaro e sintetico.

Questo movimento si chiama Lavorator_ della Danza, così, con quell’underscore che elimina ogni appartenenza di genere. Al suo interno, in realtà, non ci siano solo addetti ai lavori, anzi, è attualmente aperto a tutti, anche a chi non è artista. La molteplicità dei punti di vista è una risorsa importante per osservare la questione in modo impersonale e con lucidità, garantendo un’analisi ampia delle questioni in oggetto, senza tralasciare alcun aspetto. Attualmente Lavorator_ della Danza esiste grazie ad un nucleo di persone che stanno lavorando quotidianamente per organizzare il movimento, perché le questioni in discussione sono tantissime e vanno organizzate sui vari tavoli regionali, che poi confluiranno in un unico tavolo nazionale. Finora tutto è stato fatto utilizzando le piattaforme di videoconferenza, con moderatori che hanno aiutato i partecipanti a restare centrati sugli obiettivi che via via si stanno delineando.

Diciamo che tra i macroargomenti finora emersi negli incontri, le cose che mi paiono importanti sono: la questione contrattuale e professionale dei lavoratori della danza; la questione relativa alla formazione, nella sua forma allargata che comprende anche la formazione permanente del professionista e la multidisciplinarietà nelle sapienze e per ultima, ma non ultima, la costruzione di un percorso di consapevolezza di categoria. Infine, ovviamente, esistono anche criticità e aspetti emergenziali, in riferimento alla situazione particolare che stiamo attraversando, ambito nel quale si elaborano proposte e azioni.

Molte tematiche sono le stesse affrontate anni fa in altri movimenti e altri tavoli di cui io stessa ho fatto parte, e questo non è un buon segno, vuol dire che nonostante una piccola parte della categoria avesse già sviluppato queste consapevolezze e sollevato la propria voce, questa infine non è mai stata ascoltata da nessuno. L’instabilità governativa di cui il paese soffre da anni, il fatto che ogni nuovo insediamento spazza via tutto il lavoro svolto dal precedente, lo smembramento strutturale e culturale della categoria, tutto questo e anche altre concause hanno costretto quei pochi consapevoli a lottare soli contro i mulini a vento, come patetici Don Chisciotte. E fu così che generazioni di danzatori si sono succedute senza riuscire a modificare granché, eppure ogni volta erano presenti la spinta necessaria, lo stato d’emergenza e anche le idee, che non sono mai mancate, tant’è che sono state ereditate in ogni successivo tentativo. Ad ogni modo, ogni volta che le energie confluiscono in questo genere di movimenti, mi piace credere che sia la volta buona e che finalmente si riesca a far germogliare il seme del cambiamento abbastanza a lungo da fargli gettare radici.

Lavorator_ della Danza, almeno in questa fase, si presenta in modo volutamente distaccato dalla politica, non vuole essere organo di rappresentanza, sebbene credo sia consapevole che per poter arrivare alle sfere governative sarà prima o poi necessario darsi una forma giuridica, ma ancora è prematuro, ci si trova in fase embrionale, con un embrione promettente, che ha un grande potenziale. Al momento, comunque, sono stati presi contatti con i sindacati, organismi che la vecchia generazione di danzatori ha demonizzato fin troppo, inspiegabilmente, in cui invece altre categorie dello spettacolo, come ad esempio gli attori, hanno sempre creduto, mantenendo infatti una percezione di categoria certamente più solida e strutturata di quella della danza.

Insomma un bellissimo fermento, che consiglierei di seguire, soprattutto ai giovani che si stanno affacciando alla professione della danza, per costruire un possibile futuro in cui anche in Italia si possa parlare di danza come si fa nel resto d’Europa, un futuro in cui andare all’estero diventi finalmente una scelta e non un obbligo.

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