Quando affrontiamo una pratica corporea, qualunque essa sia, solitamente apprendiamo delle tecniche per muoverci secondo peculiari schemi motori che rispondono a precisi obiettivi da parte di chi quella tecnica l’ha sintetizzata. Nell’ambito della danza le tante tecniche esistenti sono state formulate da didatti e coreografi per ottenere precisi risultati estetico-espressivi e, al di là dei gusti personali, credo che il loro valore vada apprezzato considerandole come elementi integrati nel tessuto socio- culturale in cui sono state formulate.
Tutte queste tecniche, comunque, per essere efficaci, funzionali e resistere al tempo, devono necessariamente guardare ai principi che muovono il corpo umano, biomeccanici e biodinamici, poiché in quanto principi (come dice la parole stessa) vengono prima di ogni tecnica, ne sono il tessuto su cui queste poggiano.
Un danzatore che comprende profondamente questi principi può affrontare con successo lo studio di qualsiasi tecnica coreutica e questo è il motivo principale per cui dal mio umile punto di vista nessuna tecnica è più importante di un’altra (parlo ovviamente di sistemi che prevedono una didattica e un sillabario che hanno ricevuto il riconoscimento del mondo della danza e del tempo) tutto dipende verso quale linguaggio del corpo si vuole andare. Il più delle volte oggi un danzatore è il risultato di una commistione di più tecniche e approcci diversi, proprio perché la versatilità e l’eclettismo sono attualmente qualità molto apprezzate in un professionista. Chi ha interiorizzato e compreso a livello somatico i principi del corpo in movimento è un profondo conoscitore dello strumento in quanto tale, a prescindere dalla musica che poi vi verrà suonata.
Uno di questi importanti principi è quello della controforza, che dona armonia e stabilità nel corpo in movimento e permette di generare dinamica e tridimensionalità con il minimo dispendio energetico.
L’osservazione della spirale è una chiave importante e di facile accesso per comprendere questo principio che possiamo osservare in ogni movimento quotidiano, come ad esempio nell’azione istintiva della deambulazione. Quando camminiamo, nella fase di avanzamento di una gamba le due spalle si muovono in direzione opposta rispetto al bacino, con uguale intensità ed è proprio questo movimento a far oscillare il braccio opposto in avanti, per poi spostare il peso e ripetere ancora la stessa coordinazione sull’altro lato nel passo successivo. Così, passo dopo passo, il principio della controforza dona al nostro incedere fluidità, armonia e grazia, senza nessuna fatica, esprimendosi attraverso un movimento perpetuo e perfettamente organizzato. Camminare rappresenta già una complessa danza in cui i segmenti del corpo continuano a scambiarsi informazioni e impulsi con reattività e prontezza.
La spirale è un’informazione-funzione che il corpo umano conosce intimamente, dal momento che rappresenta uno dei modi in cui si manifesta la spontanea tendenza all’equilibrio presente in tutto il Vivente (volutamente con la maiuscola), una forma d’intelligenza che tende spontaneamente all’equilibrio e l’armonia, la cui osservazione e comprensione è irrinunciabile, se di danza stiamo parlando. Nella forma dinamica della spirale coesistono infatti, non in sequenza lineare ma contemporaneamente, energie centripete e centrifughe, ossia tutte le forze dinamiche che si muovono da e verso il centro. Attraverso la spirale possiamo raccoglierci nel nostro centro senza rinunciare ad espanderci nello spazio circostante, e ti pare poco!
Tuttavia la spirale è solo un esempio di controforza ma credo sia importante parlarne per comprendere il principio della controforza così indispensabile per muoversi danzando con qualità di armonia e dinamismo ma senza blocchi o forzature. La controforza mantiene questo delicato equilibrio attraverso il movimento senza bloccare parti del corpo perché laddove c’è rigidità non può esistere nessuna danza.
Nella danza classica il principio della spirale accompagna lo studio del danzatore dal mantenimento della quinta posizione fino alle grandi pose. Il principio della controforza si applica con sapienza e consapevolezza ogni volta che si rende necessario stabilizzare il corpo in quelle situazioni in cui una parte del corpo perde il controllo dell’allineamento. A quel punto, se ho ben compreso questo principio, so che per raggiungere il mio scopo dovrò applicare a quel segmento destabilizzato una forza uguale e opposta. Un esempio classico è il fianco del retiré che tende a sollevarsi, il bacino s’inclina e la colonna vertebrale, che tende a posizionarsi ortogonalmente alla linea tra le due spine iliache superiori anteriori, comincia a perdere il controllo. Anziché cercare di aggrapparsi alla posizione contraendo tutti i muscoli possibili di cui il buon Dio ci ha dotati, la cosa migliore da fare in questo caso è usare la mobilità del bacino per riportarlo in una posizione il più possibile neutra, esattamente sulla linea di gravità della gamba di sostegno. Quando il corpo è ben allineato non serve troppa forza muscolare ma solo quella funzionale al mantenimento della posizione.
Un altro classico è il battement alla seconda con il bacino che ruota nella direzione della gamba, creando una catena di eventi infausti a rendere la posizione estremamente instabile ed esteticamente carente. Spesso questo accade per la grande enfasi data al dogma della rotazione esterna delle gambe e a quello della lateralità della gamba alla seconda. Quando, a causa della morfologia peculiare del corpo, manca questa possibilità, mantenere la gamba in quella posizione porta a tutta una serie di compensazioni che possono – sul lungo termine – anche causare usura e infortuni. Le controforze che si possono qui applicare per donare stabilità e controllo alla posa senza mai oltrepassare il limite sono molteplici: innanzitutto l’en dehors è omogeneo sulle due gambe, che ruotano in due direzioni opposte in egual misura; possiamo immaginare che la gamba di terra si muova in direzione opposta a quella che esegue il battement, per mantenervi il peso del corpo stabilmente senza farsi portare fuori dal proprio asse; infine per contenere la tendenza del bacino di ruotare verso la gamba alla seconda sarà necessario imprimere una rotazione uguale e opposta per stabilizzarlo. Queste controforze, in relazione reciproca tra loro, creano un sistema di informazioni somatiche in movimento che avvolgono il corpo come una rete, indispensabile per danzare con consapevolezza e mantenerlo sano e reattivo a lungo.
La controforza può essere utilizzata anche come propulsore, come sviluppatore di energia e in questo caso il suo funzionamento ricorda quello di un elastico che viene messo in tensione e poi lasciato andare, liberando proprio in quel momento una considerevole qualità di energia propulsiva. Un esempio è il demi-plié, che dovrebbe essere sempre mantenuto vivo, vitale e in movimento affinché serva al suo scopo. Consideriamo ad esempio un plié in prima posizione che prepara ad un sauté: i talloni tendono al pavimento, le ginocchia si allungano lateralmente in due direzioni opposte, il bacino percepisce la terra attraverso le gambe ma, sull’altra polarità della colonna vertebrale, la cima della testa cerca il cielo. Il codino scende verso terra mentre l’ombelico risale verso l’interno e verso l’alto. Tutte queste controforze donano al demi-plié un enorme potenziale in nuce, che poi troverà il suo naturale sviluppo nella spinta esplosiva del salto quando questa energia della tensione reciproca verrà rilasciata.
Gli esempi che potrei riportare qui sono innumerevoli (vogliamo parlare della pirouette?) ogni posizione o movimento della danza classica prevedono l’applicazione di questo principio che va compreso per poterne fare uso intelligente, qualsiasi sia il contesto in cui ci si sta muovendo. Ahimè è anche una delle competenze più complesse da trasmettere ai giovani allievi.