La situazione dell’insegnamento della danza in Italia, che tante volte ho descritto proprio dalle pagine di questa rubrica, non senza una certa dose di critica pungente, è un’enorme palude fangosa nella quale non rimaniamo invischiati solo noi docenti, che siamo i diretti interessati, ma ha ricadute su tutti coloro che in qualche modo entrano in contatto con il nostro mondo: allievi, genitori, tutte le persone che vorrebbero cominciare a studiare danza, fino ad avere ripercussioni su chi desidera diventare un professionista della scena e persino sull’interesse che il pubblico potrà nutrire verso tutto ciò che abbiamo da dire, riempiendo (o meno) le sale in cui viene programmata la danza.
Il quadro generale non è buono, poiché dove non ci sono regole condivise il livello qualitativo della prestazione offerta crolla a picco, e questo è un fenomeno che osservo nel mio lavoro con i corpi che ho di fronte: a dispetto dei tanti colleghi che fanno un lavoro straordinario con i propri allievi, insegnandogli non solo la tecnica in modo ineccepibile, ma anche disciplina, comportamento, come ci si riscalda, esiste un piccolo esercito di allievi che, nonostante facciano danza da anni, non hanno ricevuto neanche quelle che normalmente vengono chiamate ‘le basi’ su come ricoprire il ruolo dell’allievo.
Certo può capitare che un allievo non abbia una particolare predisposizione per la danza, il che non è responsabilità di nessuno, se non della natura che a quel corpo ha dato quelle caratteristiche, ma credo che l’esperienza mi permetta di saper distinguere quando una nozione è stata trasmessa ma il corpo non è in grado di metabolizzarla e renderla propria, e quando invece un’informazione non è stata proprio data.
Dalle nozioni che riguardano l’etichetta, come ad esempio non sapere che si usa eseguire prima l’esercizio a destra e poi a sinistra, non avere alcuna chiarezza nel concetto di en croix, salvo poi magari usare le scarpette da punta a lezione; la questione per me più grave è quando osservo la totale assenza di attenzione sulle questioni che riguardano i principi biomeccanici del corpo umano, la cui conoscenza da parte di qualsiasi professionista che opera con ilcorpo -secondo lamia esperienza, che non sono di certo ‘nata imparata’ ma ho colmato lacune anno dopo anno – è ancora più importante di avere belle gambe o un curriculum blasonato. Il corpo dei giovani allievi vive una fase di trasformazione e crescita che riguarda, oltre la sfera emozionale, la struttura muscolo scheletrica, e questo rende indispensabile avere competenze adeguate per evitare di causare danni permanenti. Sì, danni permanenti allo sviluppo naturale dei tessuti e dei sistemi.
Gli schemi motori che si imparano nei primissimi anni di studio restano fortemente impressi nel sentito del movimento dei nostri allievi, proprio per questo chi si occupa della loro formazione dovrebbe davvero porsi come obiettivo quello di accompagnare i ragazzi in un contesto di sicurezza e protezione che solo la conoscenza dei principi che muovono il corpore dell’anatomia variabile, possono dare, perché è lì che si trovano tutte le risposte tecniche alle esigenze che la danza impone.
Quando li vedo posizionarsi alla sbarra con la pancia in fuori, la schiena inarcata, le caviglie che cadono in avanti, nessuna consapevolezza del peso o del radicamento, il collo bloccato in una tensione eccessiva, per sostenere il corpo in quella posizione impossibile, mi chiedo davvero da quale parte cominciare. Subito dopo mi chiedo quando questo allenamento scomposto presenterà il conto.
Questo mio appunto non vuole essere una critica, ma una esortazione a non smettere mai di studiare e di approfondire, di farlo non solo in sala seguendo le lezioni di questo o di quel maestro, ma anche sui libri, perché non è possibile pensare di fare un buon lavoro sugli allievi senza conoscere il corpo come strumento. A cominciare dal proprio.
È importante che anche i genitori capiscano l’importanza di ricevere un insegnamento della danza corretto, poiché nella maggior parte dei casi, quando viene vista solo come attività ludica e di intrattenimento, in assenza di una partecipazione e un coinvolgimento, non si comprende quanto lo studio del balletto possa essere faticoso, quanto grande sia la richiesta di energia mentale e fisica per controllare il corpo in quei difficili movimenti. Ci vogliono diversi anni solo per padroneggiarne i più elementari con consapevolezza e controllo. La danza armonizza corpo e mente, ma solo se viene eseguita correttamente, altrimenti può addirittura creare imprinting errato di allineamento nella struttura dei tessuti, che nei casi peggiori e con il tempo possono portare a patologie, usura o essere anticamera di traumi a carico della struttura muscolo scheletrica.
Molti giovani danzatori vanno all’estero per ricevere una formazione professionalizzante, e questo è un gran peccato, poiché in Italia esistono bravissimi maestri, me esclusa, che lavorano nell’anonimato ma con grandi risultati. Il problema è che il loro prezioso contributo si perde nella massa, senza riuscire a far emergere la propria voce in mezzo a tanta caotica e improvvisata offerta.
Forse un talento nel movimento può sorgere in modo selvaggio e istintivo, in un esecutore predestinato, incarnato in un corpo intelligente e plasmabile, ma nessuno può improvvisarsi insegnante di danza. Si tratta di un lavoro che, prima del corpo, richiede mente lucida e consapevole