Eccoci arrivati anche quest’anno alla stagione estiva.
Un’estate un po’ bizzarra e caratterizzata da contrasti, quella che stiamo vivendo, forse specchio degli umori che aleggiano da tempo elettrizzando il campo che ci accoglie. Le giornate torride si alternano a piogge fugaci e poco ristoratrici, che non riescono né ad abbassare la temperatura e neanche a riempire i fiumi, mai stati così inariditi come in questi mesi.
Per i ballerini questa stagione è croce e delizia, perché se da un lato il corpo fa presto a scaldarsi e le articolazioni sono certamente più propense ad accogliere le estreme estensioni che la danza richiede, dall’altro il caldo (specie se umido) rende il corpo pesante e rallentato, come se si muovesse in una sostanza densa che offre resistenza all’attraversamento. Si suda tantissimo e la pressione scende, ci si può sentire molli come delle lenzuola bagnate, spossati e disorientati. Questo è il motivo per cui i teatri che ospitano compagnie di balletto solitamente cercano di mantenere la stessa temperatura in sala, che sia estate o inverno, consentendo a chi danza di avere condizioni costanti per evitare fastidiosi effetti collaterali conseguenti all’estremo freddo o caldo, causa di ritrazione e espansione di tutti i tessuti. Una temperatura che si aggira intorno ai 23-25 gradi è perfetta per muoversi, in qualsiasi stagione, considerando anche che il lavoro del danzatore è fatto di momenti di grande dinamismo alternati ad altri di stasi e il clima temperato permette al corpo di gestire questa alternanza di ritmi senza troppi sbalzi nella temperatura interna.
L’estate porta, però, anche ad un’altra questione “danzereccia”: la tintarella.
Ricordo molto bene una foto dei saggi che facevo da piccola, uno dei primi, che ci vede ritratte sul proscenio del teatro in formazione calcistica (fila dietro in piedi e fila davanti in ginocchio), con indosso un tutù bianco, stile Degàs. Mi si riconosce subito perché sono l’unica con la pelle color cioccolato fondente e il segno delle spalline della suite da mare a far sembrare il mio costume di scena diverso da quello delle altre. Gli immancabili riccioli ribelli a formare un’aureola dorata attorno alla testa, palpebre di un azzurro metallizzato e guance spolverate di fard a completare il mio outfit.
Quando si è nati in una città di mare è difficile sottrarsi alla tentazione di andarci ogni volta che si può. All’epoca disconoscevo persino l’esistenza delle creme solari, dal momento che la mia pelle accoglieva i raggi del sole come un elisir, ricordo che me ne stavo sdraiata a pancia in giù direttamente sulla sabbia per sentire il calore assorbirsi da ogni parte, penetrando nelle cellule, una delle sensazioni più gradevoli che riesca a ricordare, come ricevere l’amorevole abbraccio di un gigante buono. Incredibile pensare che oggi, a distanza di circa 35 anni da allora, non riesca a stare per più di cinque minuti al sole senza indossare occhiali e una protezione per la testa!
Come si cambia nel tempo.
Per le ballerine professioniste l’abbronzatura potrebbe essere un problema sul lavoro, quindi si cerca di prenderla con cautela senza lasciare segni troppo evidenti sul corpo. Il lavoro del ballerino si svolge quasi sempre in ambienti chiusi e bui, come il palcoscenico, dove le uniche luci sono quelle artificiali dei fari che, se spenti, farebbero di quello spazio un luogo così oscuro che si potrebbe pensare di essere finiti nella pancia di una balena. Per questo bisogna stare attenti prima di tutto a proteggere la pelle dall’aggressiva azione del sole, e poi anche a non stimolare troppo la melanina, specie se il primo balletto in scena dopo le vacanze estive racconta una di quelle storie di spettri che tanto piacevano nel tardo romanticismo.
Ogni dettaglio che esca da un certo tipo di consuetudine, come anche la barba folta, quasi mai presente sui visi dei ballerini a meno che non ci sia una necessità drammaturgia legata al personaggio che interpretano, è importante e concorre a creare la finzione scenica, a cui lo spettatore crede come se fosse l’unica verità. Questa finzione è data da tantissimi ingredienti, a formare una porcellana estremamente fragile, facile a spezzarsi. Il compito dell’artista è miscelare questi ingredienti in forme sempre più raffinate, per poi proteggerle dall’infrangersi.
Come reagireste a vedere Giselle nel regno delle ombre con la faccia bianca di trucco e il resto del corpo come se fosse appena tornata da Ibiza? Oppure a Odette con il segno del top a spalline incrociate sulle scapole a fare capolino dalla scollatura del tutù? Sarebbe quantomeno stridente, vero? Attirerebbe subito l’attenzione spezzando l’incanto. L’omogeneità nell’incarnato, qualsiasi sia il tono naturale originale della pelle, contribuisce a creare quel senso di neutralità che fa sparire la persona ed emergere il personaggio.
Si, lo so, si potrebbe usare un make-up per il corpo.
Si, lo so, le gambe sono comunque coperte da calze abbastanza coprenti.
Penso però che quasi tutte cerchino di non esagerare con l’abbronzatura per evitare di dover ampliare il già possente rito di preparazione allo spettacolo.
E voi? Avete nel cassetto una foto come la mia?
Aspetto i vostri ritratti di saggi abbronzati nei commenti.