I piedi, protagonisti assoluti del balletto.
Io stessa sono vittima consapevole del loro fascino, al punto che riconosco molto più facilmente un danzatore o una danzatrice guardando le foto dei loro piedi che non dal viso. Lo so, c’è qualcosa di malato in questa strana forma di feticismo ma nel linguaggio danzato i piedi manifestano lo stesso potere espressivo delle mani, assurgendo ad un posto di prim’ordine tra i luoghi d’interesse del corpo danzante, onnipresenti in ogni contenuto che parli di danza.
Esiste una serie di scatti realizzati da Richard Avedon che hanno per soggetto Rudy. Alcuni sono divenuti molto famosi e chiacchierati perché Nureyev si mostra in un nudo integrale che svela tutta la bellezza scultorea di quel corpo così violentemente meraviglioso, il viso così intenso, custode di uno sguardo che sembra scavarti dentro senza pudore. Rudy aveva qualcosa di selvaggio a renderlo ipnotico, attraente e misterioso come un animale selvatico scorto nel bosco. Le immagini che mi hanno colpita di più, però, sono quelle che ritraggono le sue gambe e i piedi. Persino in mezzo a migliaia di altri piedi di danzatori sarei in grado di riconoscere quelli di Rudy, la forma, l’energia emanata, la potenza, il dinamismo: inconfondibili. Sono piedi non propriamente belli, ma che portano addosso una storia di impegno, di interminabili ripetizioni, di instancabili allenamenti per essere modellati come uno strumento perfettamente funzionale allo scopo.
Oggi i danzatori sfoggiano piedi incredibilmente dotati, con caviglie perfettamente disegnate, sottili ed elastiche ma anche forti e sensibili. Piedi e gambe sono strumenti di seduzione per chi danza, bisogna essere in grado di infondere ogni qualità a questa parte del corpo, dalla forza nervosa e tagliente alla fluidità, dalla rapidità scoppiettante del fuoco alla lentezza e viscosità del miele. Le gambe e i piedi hanno una loro innegabile rilevanza poetica nel gesto danzato e chi comprende questo può davvero considerarsi un danzatore valente.
Gambe e piedi, però, hanno anche un ruolo tecnico e biomeccanico importantissimo, sono le radici, supporti semoventi attraverso cui le forze vengono trasmesse da e verso la terra, questa parte del corpo è sede di questioni principiali quali radicamento, allineamento, consapevolezza e gestione del peso del corpo, capacità di respingere o accogliere, tutte tematiche che riguardano la tecnica di base che è necessario comprendere e integrare prima di poter passare ad un programma più avanzato.
Nella mia esperienza questo è uno degli aspetti del movimento più difficili da trasmettere, perché non si tratta di una questione di mera forza muscolare ma di sensibilità e di un’intelligenza creativa che richiede l’incarnazione di un gesto che sia funzionale alla tecnica ma anche all’espressività. Credo che possiamo considerare il radicamento come una delle grandi tematiche tra i giovani studenti che incontro, una lacuna comune in questi corpi che a volte sembrano appoggiati sulla superficie del pavimento come origami, senza percezione del peso e senza alcuna capacità di instaurare un dialogo con la terra che non lasci spazio a fraintendimenti.
I piedi se ne stanno laggiù, a contatto con il suolo, ma non godono di quella connessione con il centro del corpo da cui dovrebbero ricevere la forza necessaria per respingere o ricevere. Sono piedi che non hanno un’intenzione chiara e definita, stanno lì solo perché si trovano geograficamente in quella posizione. Purtroppo in assenza di competenze nella percezione delle forze dinamiche che attraversano il corpo, e di come queste intrattengono un confronto con il suolo attraverso gli arti inferiori, è difficile persino eseguire un semplice battement tendu strisciando bene e misurando il pavimento con attenzione ai dettagli.
Per quanto gli mostri come fare, persino togliendomi la scarpa per evidenziare come il piede lavora fino all’ultimo, distendendo la caviglia, spingendo lontano il metatarso, aprendo le dita al suolo per poi premere contro la suola della scarpetta con forza, non riesco quasi mai a vedere un bel piede che esegue il movimento con intelligenza e intenzione. Non dico questo perché tra i miei allievi non ci sono piedi anatomicamente predisposti al movimento danzato, come sempre nei gruppi c’è molta diversità da questo punto di vista, quello che intendo è proprio la difficoltà di sviluppare queste capacità indipendentemente dalla forma del piede. Chi sostiene di non riuscire a lavorare bene con i piedi perché non sono belli mente sapendo di mentire, si crea un alibi.
Le dita non hanno la forza necessaria per diventare vettori, traiettorie di uscita efficaci, ad esempio, e questo è un problema perché quando l’energia giunge fino alla punta dei polpastrelli e da lì fuoriesce nello spazio appena attiguo al corpo fisico, tutto il corpo viene tonificato, rinvigorito, le gambe passano dall’essere dei segmenti finiti alla qualità della linea retta, l’infinitezza.
Quando propongo movimenti che prevedono un’articolazione differenziata del piede, noto una capacità scarsa o quasi assente di controllare i singoli segmenti separati, come ad esempio mantenere la caviglia distesa e muovere solo le dita, elementi molto utili nella prima parte della sbarra per scaldare la parte bassa della gamba promuovendo mobilità e forza, sensibilità e controllo.
Non parliamo neanche dei salti, spesso eseguiti affidandosi alla sola azione delle ginocchia e delle caviglie, quasi per niente dalla forza delle dita che dovrebbero “pizzicare” il pavimento, così il piede in volo rimane a metà, sembra calzare una di quelle ciabattine all’orientale con la punta all’insù, con una conseguente spinta inefficace e l’atterraggio potenzialmente pericoloso perché le dita del piede e il metatarso non sono pronti per ammortizzare il tocco con il suolo, che diventa una rumorosa collisione e non dissipa le forze ricevute che così giungono a caviglie, ginocchia e schiena con troppo impeto.
Mi rendo conto che trasmettere un certo tipo di sottigliezza, di raffinatezza nel sentire degli studenti è un’impresa forse oserei dire impossibile, perché si tratta di un’attitudine che una persona può avere o meno, quella di dedicarsi alle piccole cose, specialmente guardando ai colori presenti sulle tavolozze odierne, che prevedono quasi esclusivamente tinte forti e nessuna tonalità pastello. Non demordo, insisto, glielo dovessi ripetere fino a svenire, perché un bel piede sensibile, elegante, che disegna forme con chiarezza a terra e nell’aria, muovendosi come una mano, è quanto di più gradevole si possa guardare ed è anche un elemento di eccellenza che si evidenzia fin dai primi esercizi alla sbarra. Non so voi, ma a me cade subito l’occhio su questi dettagli quando guardo una classe, non su chi si porta le gambe alle orecchie o chi si piega come una canna di bambù, ma sulla cura e l’attenzione che si infonde nelle piccole cose, che non sono poi piccole per niente ma esprimono la cifra artistica di chi le esegue.