Nella realtà formativa con cui collaboro figuro come insegnante di danza classica e di yoga.
Dopo le prime settimane di lezione insieme, gli allievi spesso notano la mia passione per il corpo umano e quanto questa mi abbia portata ad averne un’ottima conoscenza. Questa caratteristica, unita a quella presunta aura di onniscienza che ammanta ogni insegnante di yoga, ahimè fa sì che spesso vengano da me lamentando dolori di vario genere, per chiedermi un parere, un consulto, un consiglio.
Prima di procedere oltre vorrei approfittare, giacché ne sto parlando, per dissolvere questo annoso fraintendimento: gli insegnanti di yoga, almeno quelli che conosco (me per prima) non sono esseri realizzati, non nel senso in cui s’intende tradizionalmente per questa scienza, ossia persone risvegliate e perfezionate dalla pratica, che hanno superato il velo del dualismo. Sarebbe bello poter ottenere u tale risultato in questa vita ma, almeno per me, credo sia necessario tornare ancora tante altre volte sul piano terreno, per estinguere il debito karmico. Si tratta di una precisazione importante affinché sia chiaro che chi insegna yoga non ha risposte a tutte le domande, non è un medico, nè uno psicologo e (guarda un po’) a volte può anche arrabbiarsi e vivere tutta la gamma delle emozioni umane, anche quelle considerate meno virtuose.
Quando gli allievi vengono da me per chiedere aiuto per i loro acciacchi, la mia prima reazione è ovviamente una profonda e totale empatia, perché so bene cosa voglia dire alzarsi al mattino a fare la conta di dolori e doloretti, ma alla fine non posso che dare loro sempre la stessa risposta: “vai da uno specialista”. Posso concedergli di ragionare assieme su quale tipo di approccio potrebbe essere più utile, se massoterapia, osteopatia, fisioterapia, ayurveda o agopuntura, ma la scelta finale spetta alla persona, nella relazione in oggetto il mio ruolo è insegnare discipline corporee, non sono un sanitario, non posso e non voglio assumermi la responsabilità di consigliare.
Durante le pratiche di yoga mi capita di indicare quali esercizi possono aiutare a lavorare su alcuni aspetti fisici o emozionali e forse questo può creare un fraintendimento: lo yoga può essere considerato anche uno strumento di guarigione, fisica e spirituale, ma solo quando si pratica con costanza e si approfondisce lo studio di questa scienza su base quotidiana. A separare me e loro ci sono almeno venticinque anni di esperienza di vita, un tempo che ho utilizzato per costruire un buon dialogo interiore e accumulare conoscenze sufficienti a poter gestire da sola una buona parte delle minacce alle mie risorse interne.
La scienza dello yoga effettivamente offre moltissime tecniche per sostenere il corpo nel suo ritorno all’equilibrio e all’armonia, queste non riguardano soltanto pratiche fisiche ma anche meditazione, mantra e visualizzazioni, ad esempio. Un’alimentazione alcalina, naturale e vegetale è uno dei miei strumenti preferiti per promuovere salute, possiede anche un enorme potere antinfiammatorio e attivante del sistema immunitario, grazie all’utilizzo sapiente di spezie come la curcuma, per citarne una famosa, che se consumata regolarmente può aiutare ad abbassare il livello delle infiammazioni. Anche zenzero, malva, liquirizia e molte altre, però, non sono da meno se utilizzate con consapevolezza. Inoltre, evitare i prodotti industriali e cibi precotti per favorire il consumo di materie prime e di stagione, certamente sostiene la reattività del corpo giorno dopo giorno.
Grazie al lavoro quotidiano di prevenzione, a cui non concedo mai strappi alla regola, posso ridurre drasticamente l’uso di farmaci, salvo casi rarissimi, nonché cogliere i sintomi alla loro prima comparsa, agendo nell’immediato con i tanti metodi naturali come la fitoterapia, che se consumati con costanza e regolarità hanno il potere di riportare equilibrio nel sistema. Certo, non agiscono in fretta come un farmaco e non funzionano molto se si ha l’abitudine di non ascoltare i segnali del corpo per tempo, tuttavia preferisco metterci un po’ di più evitando però i fastidiosi effetti collaterali che ogni farmaco inevitabilmente porta con sé, quando la situazione consente un approccio di questo tipo.
Ovviamente non bevo alcol, caffè, non fumo tabacco ormai da moltissimi anni e questo certamente contribuisce al mantenimento di un salubre ambiente interno, vita cittadina e smog permettendo.
Tuttavia, nonostante tutte queste attenzioni, non ho alcuna garanzia di mantenere sempre uno stato ottimale, a volte capita di far fronte a momenti in cui sento di non potercela fare da sola, perché ogni psico-organismo è costellato da piccole e grandi problematiche di varia natura, che possono risvegliarsi dalla latenza a seguito delle sollecitazioni più disparate: stress emotivo, variazioni nel clima, aver ripetuto troppe volte un movimento oppure per un infortunio traumatico. In questi casi mi rivolgo ad uno degli specialisti di fiducia che ho scelto nel corso del tempo, per aiutarmi quando ne ho bisogno. L’instancabile lavoro di consapevolezza che ho svolto in questi anni mi aiuta anche a spiegare il sintomo con precisione, in quale luogo del corpo lo sento, la qualità con cui si manifesta, quali sono i movimenti più fastidiosi da fare, se tende a trasformarsi oppure rimane sempre lo stesso, insomma, tutte quelle informazioni che aiutano gli operatori a poter fare un’ipotesi ancora prima di toccarti con le mani.
Posso però usare solo su me stessa queste competenze, assumendomi la responsabilità di ciò che faccio, perché si tratta del mio corpo e so fin dove posso arrivare, ma non posso in alcun modo consigliare altri, tantomeno gli allievi, che per questioni anagrafiche non hanno ancora avuto tempo per sviluppare questo tipo di ascolto interiore.
Quando ero adolescente, negli anni della mia formazione coreutica, a pochi giorni dall’esame tecnico mi presi una distorsione epocale alla caviglia cadendo dalle punte in eversione. Il giorno dopo era livida e gonfia, un dolore terribile e quella sensazione di acqua dentro all’articolazione, molto fastidiosa. Uno degli insegnanti mi diede un forte antidolorifico per poter affrontare gli esami, dicendomi che avrei potuto riposare dopo, cosa che ho puntualmente fatto. Non metto in dubbio la buona fede con cui ha tentato di aiutarmi, probabilmente avrebbe agito allo stesso modo anche per sé, ma onestamente come insegnante, in situazioni come questa, oggi sceglierei di consigliare all’allievo in questione di saltare la prova d’esame per preservare la salute della caviglia, dandogli comunque una valutazione sul lavoro svolto fino a quel momento.
Quando si è giovani i dolori vanno e vengono, si può fare una notte in bianco e il giorno dopo essere pimpanti e pronti, si può incappare in un infortunio e rimettersi in pista in pochi giorni, si può mangiare abitualmente al fast food e sentirsi comunque bene, ci si può ubriacare e fumare per una serata intera e il mattino dopo essere presenti a lezione o alle prove, sono comportamenti tipici di una fase dell’esistenza, non per tutti ma per molti, ognuno ha i propri motivi per farlo non sto certo qui a giudicare, solo vorrei ricordare che a seguito di questi episodi, specie se diventano routine, il corpo si affatica molto per mantenere il proprio equilibrio psico-fisico e chimico e prima o poi presenterà il conto.
Il nostro ruolo è innanzitutto quello di essere per loro degli esempi di etica e responsabilità. Ricordo di aver fatto lezione con un maestro russo che fumava e beveva dalla fiaschetta durante la lezione. Oggi sarebbe impossibile che una cosa del genere accadesse, ma a pensarci stupisce come in quegli anni si permettesse ad un adulto di fumare in faccia a ragazzini di 14 anni senza che nessuno avesse da obiettare. Per fortuna le cose sono cambiate da allora.
Uno dei nostri obiettivi dovrebbe essere sensibilizzare i giovani danzatori verso la piena presa in carico e la cura di questo veicolo-tempio-casa che chiamiamo corpo, perché anche se ancora non hanno incarnato questa informazione nell’esperienza somatica, il corpo umano non è eterno e neanche indistruttibile, soprattutto non ne abbiamo un altro, bisogna che ci prendiamo cura di questo.