Lia Courrier: “Tempo di saggi di danza”

di Lia Courrier
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Ci siamo, tutti pronti.

Si sente già l’adrenalina salire come le bollicine effervescenti nel bicchiere.

I cuori impazzano e il sangue pulsa forte nelle tempie, nei polsi, nell’incavo del gomito.

La gola sembra avere una leggera stretta, come se qualcosa dovesse saltarne fuori da un momento all’altro.
Poi, ecco che quella indefinita ma caratteristica emozione prorompe: un misto di gioia, esuberanza, paura, piacere e dolore insieme, con una pungente attività intestinale che qualcuno chiama farfalle nello stomaco, così fanno la loro comparsa anche concentrazione, focalizzazione e respiri profondi per calmarsi.
Tutto ciò che sta per accadere si consumerà in un breve tempo, che scorre troppo veloce, aspetta, voglio catturarlo, godermelo, fissare nella memoria del mio cuore questo momento, che possa durare per sempre!

Ci siamo, tutti pronti.

Si apre il sipario: comincia il saggio di danza.

Suoni, colori, scarpette, costumi, luci accecanti, cambi velocissimi, pianti, sorrisi, la merda collettiva come rito di propiziazione. È come uno spettacolo pirotecnico che ti sospende nello spazio tra un battito e l’altro del cuore, stare sul palcoscenico.
Quest’anno è una bella festa vedere le vostre foto dei preparativi e percepire la felicità di poter tornare tutti insieme sul palcoscenico per danzare, si sente forte e chiaro quanto vi sia mancato tutto questo, si emana da ciò che avete scritto, non ho neanche bisogno di essere lì con voi.
Già so.

La scorsa settimana, su questa rubrica, ho parlato forse con un po’ di freddezza e pragmatismo del nostro lavoro, qualcuno potrebbe aver pensato che non lo amo o che covi una qualche sorta di frustrazione, di mancanza. Nulla di più lontano dalla verità: ogni giorno celebro la danza, le dedico languide dichiarazioni d’amore, ne faccio oggetto di indagine, esplorazione e condivisione. La danza la pratico, la guardo, la creo, la vivo in ogni gesto e la osservo anche nei gesti degli altri. Sono certa che quella con la danza sia la relazione più riuscita nella mia intera vita, la più autentica e pura, nonostante ci siano altri livelli e punti di vista da cui osservarla. Voglio dire, viviamo nel mondo fenomenico, siamo mondani, ossia agiamo nel mondo e per farlo è necessario tenere conto anche delle questioni pratiche, burocratiche, politiche, impossibile esimersi da questo senza svanire. Non esiste mica solo la sfera intima e privata tra noi e la danza (magari fosse così semplice) ma anche una innumerevole serie di interazioni con tutto ciò che ruota al di fuori della coppia.
Sceglierei la danza ogni giorno e questo già dovrebbe far intuire quanto il mio quotidiano sia strettamente legato a quest’arte, le sue fibre sono tutt’uno con il sentire stesso della vita che scorre, giorno dopo giorno, scandita dal movimento che incessantemente si manifesta a volte nel corpo fisico, altre solo nella mente o nel cuore, mutando forma, cambiando modalità, ma mantenendo sempre immutato l’amore incondizionato che nutro.

40 anni insieme a lei, compiuti quest’anno.

Una vita insieme, di frequentazioni assidue a volte litigiose.

Quando guardo le vostre foto che ritraggono piccole gambette dentro a minuscole scarpine rosa, o quei giovani volti raggianti nei sorrisi di chi finalmente porta a compimento qualcosa nel migliore dei modi e con la corroborante presenza di una guida, io mi commuovo. Non importa che siate bravi o meno bravi, virtuosi o imprecisi, è l’energia che sento quando sono al cospetto delle esibizioni finali dei corsi che mi arriva dritta in pancia. Che si tratti di studenti amatoriali o professionali, siamo fatti di quella stessa bio-elettricità che nello spazio scenico comincia a girare ad alta frequenza ed è impossibile non esserne contagiati.

Impossibile restare indifferenti.

So che tutti i genitori dei piccoli danzatori sanno molto bene di cosa sto parlando, e per chi ancora non ha mai vissuto l’esperienza di vedere sul palcoscenico il proprio figlio o la propria figlia, beh: si prepari a incassare forti emozioni, di quelle che ti attraversano per trasformare. Forse avrete già compreso quanto sia importante il lavoro che fanno i maestri di danza nel preparare, organizzare, trasmettere tutto ciò che ogni anno vedete comodamente seduti in poltrona, però ci tengo ancora una volta a sottolineare come seguire un corso di danza non sia soltanto muovere le gambe e le braccia, ma vivere un’esperienza di condivisione e apprendimento profondi. La danza è qualcosa che nutre certamente il corpo ma anche la psiche, aiuta i bambini e i ragazzi a guardare senza paura dentro alle proprie emozioni, per affrontarle con consapevolezza e coraggio, conoscerle per poi riconoscerle e raccontarle con un linguaggio non verbale. Nella danza non esiste competizione, non sei felice perché vinci una gara, sei felice solo perché stai facendo qualcosa che ti coinvolge totalmente e ti fa sentire dannatamente vivo.

Sostenete sempre i vostri figli se hanno scelto una forma d’arte per esprimere ciò che sentono dentro, qualunque essa sia, perché il saggio è certamente il momento della festa, il gran botto, la punta dell’iceberg, ma è il risultato finale di un processo che inizia con ogni lezione che hanno seguito, ogni esercizio che hanno ripetuto, ogni coreografia provata fino allo sfinimento analizzandone ogni dettaglio. Un tempo durante il quale hanno affrontato difficoltà e ostacoli con determinazione e intenzione ben direzionate, dando vita ad un processo che gli sarà utile non solo per ballare ma per vivere.
Buon saggio a tutti e mi raccomando: aspetto le vostre testimonianze fotografiche nei commenti.

Photo by Kazuo ota on Unsplash

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