Danzare è un mestiere differente da insegnare. So che non vi dico nulla che non sappiate già, ma oggi vorrei analizzare questo concetto in modo più approfondito perché vedo ancora molta confusione a riguardo. Viviamo in un paese che, a differenza di molti altri, non prevede nessun riconoscimento e nessuna formazione istituzionale per insegnanti di danza, non ancora almeno. L’unica strada attualmente disponibile al momento per diventare insegnanti è quella di formarsi come danzatori per poi cercare di imparare direttamente sul campo. Certo, esistono delle formazioni dedicate, ma per la quasi totalità si tratta di corsi diretti agli insegnanti di danza classica, mentre quando parlo di danza mi riferisco a tutta la danza che possiamo trovare nelle scuole. In molti altri luoghi del mondo invece è proprio lo Stato ad offrire formazione e riconoscimento della figura dell’insegnante, per diverse categorie, e in alcune compagnie, come ad esempio al Royal Ballet, ai ballerini che si stanno avviando alla fine della carriera viene offerta la possibilità di accedere a dei corsi di formazione per diventare insegnanti. Mi chiederete: ma dopo una vita intera a danzare, magari nei ruoli principali, hanno bisogno di fare una formazione per insegnare? La risposta è si. Perché per insegnare è necessario fare uno spostamento di punto di vista e nella presenza. Da noi invece l’assenza di questa distinzione crea una sovrapposizione dei ruoli e quindi si pensa che automaticamente un eccellente ballerino lo sia anche come insegnante.
Io non sono genitore, ma credo che decidere di intraprendere la strada dell’insegnamento sia un po’ come diventarlo, in modo sottile. Quando sei un danzatore ti occupi solo della tua danza, del tuo lavoro. Ovviamente non sei totalmente deresponsabilizzato nei confronti degli altri, ma sei inserito in un contesto in cui ognuno si concentra sul proprio compito, rassicurato dall’idea che gli altri sappiano esattamente cosa fare. Quando insegni il carico di responsabilità cresce esponenzialmente e non sei più tu ad occupare il centro energetico del campo percettivo, bensì gli allievi. Ogni allievo. Loro hanno il posto principale, chiedono di essere seguiti, sostenuti, guidati, rassicurati, motivati, accompagnati, con le stesse cure che un genitore dedica ai propri figli. In questo caso la relazione non si muove tanto nella sfera personale, ma solo per tutto ciò che ha a che fare con la danza e il suo apprendimento. Non trovo esagerato questo paragone, in tanti anni di esperienza con i giovani danzatori ho sentito più volte la mia come una presenza genitoriale, e anche da parte loro so che a volte mi percepiscono così: un tutore adulto e autorevole a cui rivolgersi per ricevere risposte, un consiglio o anche, a volte, un abbraccio.
Un ballerino può affidarsi al suo talento anche per una intera carriera, nel balletto ormai vediamo dei corpi incredibilmente dotati per fare questo lavoro, il che non vuol dire che uno possa diventare una stella del balletto basandosi solo sul talento, ma certamente averlo aiuta, dandoti visibilità e facilità nell’eseguire i movimenti correttamente. Inoltre puoi seguire il tuo istinto senza che ti venga chiesto di razionalizzare troppo, sperimentare e sentire la tua propria danza crescere nel tuo corpo e nel tuo immaginario, rimanendo concentrato su te stesso e sulla tua evoluzione. Un insegnante di danza ha bisogno di compiere un passaggio ulteriore poiché, per poter essere trasmessi, i principi del movimento hanno bisogno di essere compresi nel corpo e portati a livello della coscienza razionale, infine sintetizzati attraverso un linguaggio verbale chiaro, coinciso e comprensibile. Non basta saper mostrare i movimenti alla perfezione, perché gli allievi non sono in sala per vedere uno spettacolo, ma per imparare, e l’apprendimento non avviene per osmosi e neanche solo per imitazione (che può rappresentare solo una fase, un primo approccio). Bisogna essere in grado di trasmettere con le parole o con l’aiuto del tocco, tutte le informazioni e le risposte che sentiamo arrivare dai nostri sensi e dalla propriocezione, in una forma che sia comprensibile a tutti.
Essendo la danza quella che si definisce “un’arte muta”, i danzatori sono abituati ad esprimersi con il corpo, è quello lo strumento prescelto per comunicare con il mondo esterno. La parola viene utilizzata dai danzatori con una certa inibizione, per cui quando si sceglie di insegnare bisogna anche superare questo piccolo ostacolo e abituarsi a maneggiare la materia “danza” utilizzando un altro veicolo. Certo occorre anche studiare molto, e questa non è cosa facile poiché non esistono molti testi dedicati all’insegnamento della danza, ma è possibile avere accesso ad una vasta letteratura composta da trattati di anatomia, fisiologia, biodinamica, psicologia, pedagogia e tutto ciò che esula dal territorio della danza ma che si rivela fondamentale per poter coprire il ruolo dell’insegnante. Tutti gli insegnanti di danza sanno bene che trasmettere i principi del movimento è solo una piccola parte del nostro compito: ci si richiede di essere noi per primi un esempio di etica e correttezza, puntualità e precisione, onestà e trasparenza, e inoltre dobbiamo occuparci del singolo individuo ma anche del gruppo, percepirne le emozioni e le necessità. Credo di poter dire che la differenza principale tra un danzatore e un insegnante sia uno scivolamento dell’ego su un altro piano, che consenta di potersi dedicare all’altro con rispetto, risolutezza, concretezza, generosità e amore.