La danza è una compagna pretenziosa, che esige ogni giorno il nostro massimo impegno.
Eppure ogni giorno siamo lì con lei.
La danza ti strappa a morsi la carne dalle ossa e il cuore dal petto.
Ma ogni volta torniamo da lei per curare le ferite.
La danza ti mette crudelmente davanti ai tuoi limiti, ad ogni alito.
Ma respiriamo solo per lei.
Perché?
Vi siete mai chiesti quale brama vi riporta sempre al punto di partenza?
Vi siete mai guardati dentro per capire cosa alimenta quella fiamma che ci permette di sopportare fatica, dolore, senso di frustrazione e mille fallimenti per ogni obiettivo raggiunto?
Qualche giorno fa una mia cara amica sulla sua bacheca scriveva: “Ci sono allievi che vogliono imparare e crescere. Altri che vogliono salire sul palco. Mi interessano i primi”. Questa frase mi ha molto colpita, perché mi ci sono rispecchiata in pieno. Anche io penso che si danzi per conoscere sé stessi e non per intrattenere il pubblico. Chi è motivato solo dall’adrenalina del palcoscenico e dall’idea di esibirsi davanti a qualcuno, spesso si stanca in fretta, perché si tratta di una spinta che viene e dipende da fattori esterni, ma anche perché in questo modo non si attua alcun processo trasformativo nella persona, e infine perché essere in balia del consenso del pubblico (o peggio, della critica), è una gabbia dorata che presto può tramutarsi in una insidiosa trappola.
Uno dei tanti doni che un insegnante può fare ai propri studenti è proprio quello di consentirgli di incontrare sé stessi, di conoscere il proprio strumento, di accedere al proprio mondo interiore e alla possibilità di esprimerlo nella danza, attraverso il corpo. Quando sappiamo chi siamo, quando conosciamo il nostro potenziale e i nostri limiti, quando siamo consapevoli dell’unicità del nostro essere, possiamo con lucidità e presenza lavorare quotidianamente per migliorarci, senza lasciarci gettare addosso le proiezioni degli altri, siano essi insegnanti, coreografi o colleghi. Bisogna essere in grado di comprendere se un’osservazione ci serve davvero e rispecchia un nostro bisogno oppure no, con umiltà e onestà, due qualità che oggi vengono considerate da perdenti e che invece, nella relazione con la danza, consentono un cammino lungo e fruttuoso.
Con questo non voglio sottovalutare la spinta di chi è attratto dall’energia del palcoscenico, poiché anche quello è un appetito necessario per chi fa questo lavoro. Essere sensibili alle forze che si muovono da e verso la scena senza timori, ma anzi, nutrirsi di esse, è un’abilità innata che rende tutto più semplice e divertente. Ma certo da sola non basta.
Scavando ancora più a fondo nelle nostre motivazioni, però, al di là di tutto questo, cosa troveremo?
Quale parte del nostro essere non è in grado di sottrarsi al movimento e alla chimica del corpo che danza? Intendo al di là di ogni possibile ragione che risieda sulla superficie delle cose.
L’istinto al movimento è qualcosa di ancestrale, che è presente non solo nella nostra storia di specie, ma nella natura più profonda di tutto il Vivente.
L’uomo danza da sempre, ha scelto il movimento per suggellare con la magia della danza i momenti più importanti o spiritualmente significativi, addirittura per risvegliare l’attenzione del divino.
Il richiamo del battito ritmico del cuore, l’armonia del suono del respiro rappresentano la prima musica mai udita sulla quale abbiamo mosso i primi passi rituali, tutti insieme, attorniati dai simboli di sempre: la Terra, il Fuoco e l’Acqua.
L’Aria. Il respiro, questo movimento in due fasi che caratterizza tutto ciò che esiste e vive in questo mondo, è il suono più straordinario che esista. Un suono che si armonizza con la musica dell’universo, la cui inspirazione è cominciata con quell’evento straordinario e inimmaginabile che normalmente chiamiamo Big Bang. Da allora l’universo compie questa espansione imponente e maestosa, seguendo un tempo inesorabile e diverso da quello umano, il che rende questo movimento quasi impercettibile. In fondo, però, quando facciamo abbastanza silenzio, quando sogniamo, quando stiamo per addormentarci, possiamo percepirne il suono di sussurro profondo e misterioso. Gli astronomi sostengono che prima o poi l’universo comincerà ad espirare e chissà che spettacolo sarà assistere a questo madornale rilascio: una inversione nel vento cosmico che forse darà vita ad altre danze, ad altri suoni, prima che l’espirazione racchiuda tutto nelle dimensioni di un granello di polvere densissimo.
Io credo profondamente sia questo il richiamo che sentiamo.
Per il resto si tratta solo di elucubrazioni mentali sull’estetica e sulla forma, ossia questioni sulle quali cambiamo continuamente opinione e che vivono della finitezza e della natura fugace di ogni manifestazione nel mondo fenomenico. Della natura transitoria di ogni cosa. Ma il perenne movimento del respiro collettivo, quello è tutta un’altra storia. Che unisce e non divide e che fa urlare di gioia la carne e lo spirito, nella celebrazione della vita stessa, attraverso la danza.
Vi siete mai chiesti perché danzate?
Avete riposto questa domanda nella stanza segreta del vostro cuore?
E quale risposta è emersa?
Raccontatemi.