Lo Schiaccianoci di San Francisco

di Elio Zingarelli
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Se lo schiaccianoci, uno degli addobbi più ricercati durante il Natale, oltre la forza e la protezione simboleggia anche la buona fortuna, ci piace pensare che il balletto classico dall’omonimo titolo abbia giovato sull’esito delle lunghe trattative tra il San Francisco Ballet (SF Ballet), il SF Ballet Dancer Bargaining Committee e l’American Guild of Musical Artists (AGMA), che rappresenta i ballerini e i direttori di scena dell’SF Ballet. Il lieto fine è stata la serata d’apertura della stagione 2024-25 resa possibile proprio dall’accordo raggiunto, e che celebra anche un doppio anniversario: ovvero, vent’anni dalla prima rappresentazione dello Schiaccianoci nella versione andata in scena di Helgi Tomasson e ottanta dalla primissima del balletto negli Stati Uniti nel 1944 proprio presso il War Memorial Opera House.

San Francisco Ballet in Tomasson’s Nutcracker // © San Francisco Ballet, photo by Lindsey Rallo

Quest’ultimo si è configurato come un ambiente univoco dove il design di alcuni degli edifici ad esso limitrofi viene evocato sul palcoscenico mediante le scenografie di Michael Yeargan. L’artista si è ispirato alle iconiche Painted Ladies e a tutto il progetto urbanistico di San Francisco cosi come appariva durante la Panama Pacific International Exposition del 1915.

La presenza di tutti i danzatori, le loro architetture e i loro corpi si intrecciano all’ambiente, lo connotano e lo qualificano trasformando l’aspetto e l’atmosfera, operando una sorta di scambio, un fenomeno di mutuo arricchimento che contribuisce al significato della rappresentazione (già basata sul racconto di E. T. A. Hoffmann, Schiaccianoci e il Re dei topi) e informa l’esperienza del pubblico.

San Francisco Ballet School Student in Tomasson’s Nutcracker // © San Francisco Ballet, photo by Lindsey Rallo

Infatti, i giochi di magia e gli esercizi di grande prestigio di Drosselmeyer, i virtuosismi tecnici eseguiti con grande abilità e precisione da tutti gli artisti, le deformazioni prospettiche del scenic design non soltanto stupiscono ma a momenti disorientano e costringono a ripensare a relazioni diverse che si dipanano in più mondi, o forse in un unico assai complesso per il quale ci vogliono nuove regole. Queste sono riflesse nelle scale esterne di quelle case, nei lori rigonfiamenti, nelle proporzioni del camino e dell’albero di Natale ma anche nella natura (coccinelle, libellule, fiori, fiocchi e tempesta di neve). Basta solo guardare con disincanto a questa curiosa convivenza e, ritagliandoci un momento di silenzio musicale (disturbato solo da alcuni spettatori ritardatari che continuano ad entrare anche a rappresentazione ormai iniziata), ricevere gli stimoli di quel paesaggio naturale e monumentale, restituito in chiava musicale, coreutica, scenografica, che può diventare lo sfondo delle narrazioni e auto narrazioni che riguardano noi tutti.

L’attesa di questo consueto appuntamento natalizio è stata un’altra volta adempiuta alimentando quel senso di appartenenza non soltanto tra il pubblico e il balletto ma attraverso di esso anche con la città, il suo ambiente naturale ma soprattutto culturale di cui il SF Ballet è sicuramente una delle realtà più prestigiose.

Crediti foto: @San Francisco Ballet, foto di Lindsey Rallo

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