Bello tornare a vedere dal vivo alla Scala lo spettacolo dell’Accademia, dedicato a Loreta Alexandrescu, splendida insegnante che tanto ha dato a tutti questi ragazzi e che resterà nel cuore di tante generazioni di ballerini. In sala genitori tesi e persone curiose di vedere se ci sono le premesse per un’étoile del futuro
La presentazione di tutti gli allievi è come sempre emozionante: la massa in scena è tale da incantare alla prima apertura di sipario. Vedere tanta gioventù tutta in una volta è sicuramente di grande impatto (per noi agées soprattutto) e proprio per questo è un ottimo strumento di comunicazione per presentare l’Accademia in tutta la sua grandeur. Mi viene da pensare ai saggi della Scuola ai miei tempi quando era gratuita e gli allievi degli ultimi corsi erano pochissimi grazie ad una selezione chirurgica ed implacabile. Ma i tempi cambiano con i loro pro e i loro contro.
La “Presentazione” dell’Accademia nella sua interezza si balla sulla musica splendida di quello che per me è Concerto Barocco, ovvero il concerto per due violini di Bach BWV 1043, e che ben si presta ad un rincorrersi di brevi legazioni che mostrano l’ottima tecnica dei singoli e dei gruppi negli allegri e nell’adagio. Una vetrina smagliante per gli allievi, con qualche “cattiveria”, tipo mettere 8 allieve a fare i fouettés all’italiana tutte insieme. Una certa disomogeneità dei fisici dovuta anche al grande numero di allievi non intacca la meraviglia di un finale glorioso e abbagliante.
Si passa a “Largo”, coreografia di Matteo Levaggi su Suite n°1 al violoncello di Bach (ottima esecuzione di Sofia Bellettini) con un trio di danzatori bellissimi e plastici, di buona presenza scenica e grande sicurezza: Anna Letizia Joly (estensioni notevoli), Vincenzo Romano e Lorenzo Lelli (ottimo assolo iniziale). Molto buia all’inizio, la scena si illumina sui tre che alternano soli, passi a due e a tre con un effetto molto affascinante in un’atmosfera misteriosa.
“Canone allegro”, creazione di Valentino Zucchetti, amato first soloist alla ROH, uno degli Italiani all’estero che bene ci rappresentano insieme a tanti altri, è un pezzo vivace sul primo movimento del concerto per violino di Mendelssohn che mette in luce soprattutto il corpo di ballo maschile e tre soliste. Pura gioia di danzare, il corpo di ballo che spesso si rincorre nel movimento sfasato di un tempo, passi a due con linee che si intrecciano in modo originale, mi ha ricordato un po’ “Concerto” di MacMillan. Brillante e struggente il violino di Giovanni Andrea Zanon.
“Serenade” che dire? Amore incondizionato. È il primo lavoro di Balanchine in USA e nasce come “saggio” dei suoi primi allievi americani senza una trama ma con delle suggestioni che nascono dalla musica di Tchaikovsky e che lasciano spazio all’interpretazione del pubblico. Per questo è nelle corde degli ultimi corsi femminili che, pur con qualche imprecisione tecnica nell’impegno di realizzare tutti i movimenti di una coreografia corale non certo semplice, riescono a ricamare Serenade in scena e a rendere il momento sospeso di un balletto senza tempo.
Bravi i solisti e soprattutto la ragazza che, come da coreografia originale, arriva in ritardo e balla il valzer del secondo tempo.
Con l’augurio che i diplomati di quest’anno trovino tutti un posto nel mondo della danza in Italia e all’estero, aspettiamo lo spettacolo del prossimo anno.
Foto di Annachiara Di stefano