Un’indagine su luci e ombre del multiforme animo umano, terreno di ricerca preferito del coreografo israeliano Itzik Galili, è il tema della serata che ha aperto la Stagione di Danza del Balletto Teatro di Torino alla Lavanderia a Vapore, il 18 e 19 ottobre scorsi.
Il titolo L’ombra della luce, assai significativo, racchiude uno spettacolo-contenitore che comprende quattro lavori di Galili in cui la luce è, come nella maggior parte delle sue opere, protagonista quasi assoluta, capace di definire lo spazio, supportare le idee, dirigere il punto di vista e condurre attraverso un percorso di consapevolezza.
Will-o’-the-Wisp, la coreografia d’apertura, racconta di una storia che dall’interno cerca di trovare la strada verso l’esterno, concetto ben simboleggiato da lampadine elettriche che, come tante sfere luminose, illuminano alternativamente parti diverse del corpo dei danzatori, eclissando talvolta la loro luce per poi farla riapparire in un luogo diverso.
In Between L… i corpi sono semplici strumenti di danza in bilico fra la dualità del mondo interiore e quello esteriore della natura, del linguaggio e della vita quotidiana.
Chameleon, su musica di John Cage, è un particolarissimo pezzo in cui Galili gioca con tutte le innumerevoli e poliedriche sfaccettature della nostra interiorità. Non è necessario nessun altro accessorio, se non una semplice sedia e un puntamento luminoso, per mettere in scena ed esaminare l’alternanza degli “uno, nessuno e centomila” stati d’animo che si alternano dentro di noi, in continuo divenire e in un sottile gioco di metamorfosi: dal pianto al riso, dalla tristezza alla noia, tutto passa attraverso esperienze mentali e sensoriali che si manifestano esternamente e internamente attraverso il linguaggio del corpo, che assume infinite possibilità di espressione. Una nota di merito particolare è doverosa nei confronti di Julia Rauch, che ha interpretato questa coreografia, qui trasformata in un assolo, in modo estremamente interessante, senza mai perdere quella necessaria tensione e quell’energia che sono fondamentali per il più totale coinvolgimento dello spettatore.
Concepito al ritorno da un viaggio a Cuba, Cherry Pink and Apple Blossom White, sulla musica senza tempo di Pérez Prado, è un duetto divertente e sbarazzino che strizza l’occhio alla leggerezza e alla sensualità: lei è una vamp tutta ammiccante, che muove il corpo con gesti sinuosi, ondeggianti e impertinenti, lui un nerd impacciato trascinato a forza nel sottile e perfido gioco della seduzione. Ne nasce un incontro folle e scatenato pieno di scintille comiche e deliziose assurdità.
Chiude la serata Ephemeron, su musiche di Haytam Safia, che riporta lo spettatore a una dimensione più seria e riflessiva ed è un ottimo esempio della specificità del linguaggio coreografico atletico e rapido di Galili. Gesti veloci e spettacolari irrompono nella serenità, lampi di silenzio tingono lo spazio dell’azione, in un dialogo intimo fra pace e lacerazione che ancora una volta riflette sui più diversi aspetti della realtà che ci circonda e che ci compone.
Uno stile unico, al tempo stesso elegante e raffinato, immediato, profondamente emozionale ma astratto e rigoroso nella pulizia delle linee e delle forme, umoristico e lirico, capace di esplorare la danza e i sentimenti attraverso la sensualità del corpo in movimento ma anche grazie alla luce e alla poesia che essa genera sul palcoscenico, queste sono le cifre che caratterizzano il lavoro del coreografo israeliano Itzik Galili, una delle personalità di maggior rilievo all’interno del panorama della danza contemporanea.
Crediti fotografici: Viola Berlanda, Roberto Poli