Luigi Crispino e il suo salto all’American Ballet Theatre Studio Company di New York

di Massimiliano Craus
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La faccia del bravo ragazzo proprio non l’ha persa, anzi. E soprattutto oggi ha una personalità che gli consente di caricarsi il mondo ed il mondo della danza sulle spalle belle e forti. Luigi Crispino è un baldo giovane diplomato alla Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo di Napoli ed oggi stellina dell’American Ballet Theatre Studio Company, ovvero il viale principale dell’ABT e dell’olimpo della danza a stelle e strisce. Partito da Napoli in fretta e furia un paio di estati fa, Luigi Crispino non ha proprio dimenticato nulla nella sua valigia, soprattutto non ha mai prestato il fianco allo sconforto della lontananza dalla famiglia, dagli amici e dalle quattro mura rassicuranti delle sale della sua scuola al terzo piano del Massimo napoletano.

Qual è dunque il passato “napoletano” del neo-newyorkese Luigi Crispino?

I miei insegnanti Antonina Randazzo e Martha Iris Fernandez non li potrò mai dimenticare, né potrò mai dimenticare i consigli di una vita impartiti dalla mia direttrice Anna Razzi. Tre donne che mi hanno dato tutto e tre donne alle quali sto cercando di ripagare la stima e la fiducia con un impegno immane in questa mia nuova esperienza. Sto lavorando davvero sodo per dimostrare che avevano visto bene con me, in tempi non sospetti e sin quando ero ancora un ragazzino pieno zeppo di sogni. E poi mi piace ringraziare Dino Verga per avermi aperto gli occhi sul repertorio di Merce Cunningham e le mille sfaccettature della danza contemporanea. Con tutti loro ho fortificato il mio corpo, la mia mente e soprattutto la mia tecnica per farmi trovare pronto a questa esperienza statunitense ed alle prossime che mi capiteranno.

Ancor prima di diplomarsi al Teatro di San Carlo ha interpretato ruoli principali come Oberon in “Sogno di una notte di mezza estate”, il Principe Azzurro in “Biancaneve”, Capitan Uncino in “Peter Pan”. Ha anche danzato in “Napoli Pas de Six”, “La Bella Addormentata”, “Suite Barocca”, “E=Merce Cunningham”, “Inni D’Europa”, “Pinocchio”, “Il Principe Igor” e “Orfeo e Euridice” di Karole Armitage. Nel 2014 ha partecipato al “Premio Roma Jia Ruskaja” bandito dalla Federazione Accademica Nazionale di Danza. Dal 2012 al 2015 ha danzato nei vari Gala della Scuola di Ballo del Teatro di San Carlo e nel 2015 ha interpretato nuovamente il ruolo di Principe Azzurro in “Biancaneve” nella 34º edizione del Festival Renato Fiumicelli a Gubbio. Luigi Crispino ha infine avuto l’opportunità di lavorare con il corpo di ballo del Teatro di San Carlo ne “Lo Schiaccianoci” di Alessandra Panzavolta e “Giselle” di Ludmilla Semenyaka). Un repertorio prevalentemente classico che l’ha definito ben presto uno dei maggiori talenti italiani di questi ultimi tempi. Fino all’estate del 2015 quando ha vinto il premio come giovane talento emergente nella manifestazione “Premio Danza Capri International” e, contestualmente, vinceva una borsa di studio per partecipare alle Summer intensive dell’American Ballet Theater, poi addirittura bissata l’anno seguente.

Come si vive all’American Ballet Theatre?

Penso che New York sia una città unica e indescrivibile, aperta a tutte le culture e mentalità. Entrare all’ American Ballet Theatre significa entrare a far parte di una grande famiglia. Arrivai per la prima volta a New York nell’estate del 2015 per partecipare alla Summer intensive dell’ABT grazie ad una borsa di studio conferitami da Franco De Vita, ex direttore della Jaqueline Kennedy Onassis School, che avevo incontrato a Mosca in occasione del Premio Jia Ruskaja. In seguito ho ricevuto una borsa di studio completa che mi ha permesso di frequentare la scuola JKO dal settembre 2015 a maggio 2016. Durante questo periodo ho avuto l’opportunità di danzare in “Raymonda Pas de Dix” nel ruolo di Jean De Brianne, in “Knightlife” di Ethan Stiefel e in “The Nutcracher” nel ruolo del Principe ospite nella scuola del Washington Rock Ballet. Da settembre 2016 sono entrato a far parte della Studio Company dell’American Ballet Theater. Qui abbiamo l’opportunità di lavorare con diversi Ballet Master della compagnia e con coreografi di fama mondiale. Proprio lo scorso mese, in occasione del gala che inaugurava la stagione autunnale della compagnia, abbiamo avuto l’onore di danzare al Lincoln Center al David Kock Theater la coreografia di Alexei Ratmansky “Rondo Capriccioso”. Un’altra bellissima esperienza è stata ballare per il Young People’s Ballet Workshop un altro balletto di Ethan Stiefel “See the youth advance” ed una suite tratta dal “Don Quixote”. Adesso alcuni di noi sono impegnati in una nuova creazione di Marcello Gomez. Lavorare con lui  è davvero stimolante oltre che essere un immenso onore, come del resto far parte di questo incredibile gruppo.

Quali sono i pro ed i contro di questo viaggio a New York?

Credo che gli Stati Uniti siano la meta di tanti, soprattutto nell’ambiente della danza. Vivere qui mi ha fatto crescere molto su ogni aspetto. Ci sono tante cose che mi entusiasmano in questa esperienza come poter imparare ammirando da vicino le stelle della danza. Si presentano tante opportunità per chi lavora sodo, bisogna solo essere pronti a coglierle al volo quando si presentano. Sicuramente a volte sento la mancanza della mia famiglia dato che non posso tornare spesso in Italia, ma qui non mi sento solo e quando ho bisogno di conforto so che posso contare sui miei amici.

Dunque tu il grande salto l’hai fatto anche dallo stato d’abbandono in cui versa la danza italiana?

Non so cosa ci aspetta in futuro però tornerei di corsa al Teatro di San Carlo, nella mia città e nei miei luoghi che porto ogni momento con me. Tuttavia ribadisco a caratteri cubitali la meravigliosa opportunità di vivere a New York e con i miei compagni dell’American Ballet Theatre. Così come non ci ho pensato su due volte a farmi fotografare da Luigi Bilancio, in cui si è voluto dar voce alla sospensione nel tempo del paesino abbandonato Apice in attesa che i suoi abitanti vi facessero ritorno. Un’idea che somiglia alla parabola del figliuol prodigo che tutto sommato mi appartiene, nella speranza di far cose buonissime qui all’American Ballet Theatre.

E chiediamo proprio al fotografo Luigi Bilancio il perché di questa idea fotografica.

E’ tutta un’illusione di rimanere sospesi nel tempo. Apice è un paese abbandonato che sembra però sospeso nel tempo, infatti l’idea che mi ha dato nel visitarlo era non di un paese abbandonato bensì sospeso, e che presto i cittadini sarebbero tornati. Il ballon è il termine della danza accademica che indica la capacità di un ballerino di restare alcuni istanti in aria, sospeso in un tempo finito, ed il giovane danzatore Luigi Crispino nel mio immaginario ben rappresenta un ballon, perché pronto a lasciare tutto e tutti per rincorrere il suo sogno e donare a noi la sua danza in un tempo infinito. Ho voluto portare Luigi Crispino ad Apice perché ho voluto far incontrare chi abbandona e chi è abbandonato ed attraverso il linguaggio della danza esaltarne tutti gli aspetti. Attraverso danzatori come Luigi Crispino desidero raccontare la magnificenza della danza e scuotere l’animo dell’osservatore a non abbandonarla.

Apice è un paesino della provincia di Benevento abbandonato con ordinanza sindacale dopo che i terremoti del 1962 e del 1980 l’hanno reso al suolo. I resti di quel luogo l’hanno reso oggi un paesino fantasma, spesso accostato ad iniziative artistiche e culturali proprio come ha voluto fare il fotografo Luigi Bilancio, non nuovo ad incrociare le strade di Tersicore con luoghi non convenzionali. E qui sono state scattate le foto che il giovane ballerino ha portato nella sua valigia professionale con destinazione New York, con un volo pindarico che potrebbe richiamare le stradine abbandonate di Apice al cospetto di quelle affollate della Grande Mela. Lì la danza non è affatto abbandonata, anzi.

Da Apice a New York, qual è la vera storia di Luigi Crispino?

La verità sta nel mezzo come in tutte le cose. Se è vero che ho abbandonato ormai quasi definitivamente la mia città ed il mio teatro è anche vero che condivido appieno l’idea della sospensione e del ritorno. Da quando ho conosciuto Franco De Vita, ovvero il vero artefice del mio percorso artistico con il trasferimento a New York, ho capito che la vita a volte è fatta di incontri capaci di trasformarti completamente la carriera. Ebbene quel salto in sospensione, quel salto sospeso in aria vorrei tanto che poi mi portasse in ogni dove ad arricchirmi sempre di più, anche perché sono un tipo molto passionale per cui non voglio farmi mancare proprio niente. E poi tornare a casa qualche volta in più, come il fotografo Luigi Bilancio immagina che possano fare un giorno gli abitanti dell’incredibile storia di Apice, il paesino fantasma. Io fin quando potrò mi eleverò in cielo per guardare il mondo che mi scorre per innamorarmene sempre di più e ballarci fino a quando potrò. Intanto mi dedico all’ABT dalle dieci del mattino fino alle diciassette per cinque lunghi giorni a settimana. Al resto ci penserò…

Crediti Fotografici: Luigi Bilancio

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