La danza ha sempre accompagnato la mia esistenza fin dalla mia prima lezione di danza, all’età di sei anni, ma anche da prima, dal momento che il desiderio di seguire questo sogno si era già affacciato da qualche tempo. Non è facile portare avanti una storia d’amore per un periodo che dura una vita intera: alla fine di quest’anno compirò 42 anni e non ho mai smesso di investire quotidianamente le mie energie nel tentativo di cercare di stare insieme a lei. Abbiamo vissuto momenti difficili, in cui ho cercato in tutti i modi di eliminarla dalla mia esistenza, perché il dolore era troppo forte, ma alla fine siamo sempre tornate insieme.
La danza impregna totalmente la trama della mia esistenza, nel mio sguardo sui movimenti delle persone, nel ritmo dei miei passi quando cammino per strada, persino nei sogni e nelle proiezioni della mia mente. Lei è ovunque. Ha cambiato aspetto tante volte, mi si è mostrata in tutte le possibili manifestazioni, e io continuo a subire il suo fascino, ad essere totalmente rapita dalla sua essenza, mio malgrado.
Scrivere questa rubrica in questi anni è stato un atto magico, e questo è avvenuto fin dall’inizio, sebbene io me ne sia resa conto solo da poco.
Nella scrittura, come un paziente giardiniere, continuo a passare e ripassare sul mio operato milioni di volte, tagliando una fogliolina qui, una lì, mentre da qualche altra parte la pianta continua a crescere, indipendentemente dai miei movimenti. Si ha la sensazione di compiere migliaia di chilometri senza mai spostarsi di un centimetro dal foglio digitale. Più ripassi sopra a quel giardino, nel tentativo di renderlo perfettamente equilibrato ed esteticamente gradevole, più realizzi che quel luogo in realtà non è che un riflesso fedele della tua interiorità, annidata dietro a file di lettere ordinate. Altre volte invece non so neanche da dove giungano le cose che scrivo, come se venissero fuori su suggerimento di qualcuno che non vedo, anche se infine, ad una attenta osservazione, non rimane alcun dubbio: sono proprio io!
Quando osservo l’articolo pubblicato sul sito è come se, in buona parte, quei concetti fossero ormai usciti dalla mia mente, ma anche dal corpo, perché la scrittura è un fatto molto più fisico di quanto si creda. Fuori, nello spazio esterno, non sono più miei ma diventano di tutti, soprattutto esposti al giudizio di chiunque li legga, vulnerabili ma anche molto coraggiosi, poiché si mostrano sulla pubblica piazza con una sicurezza e una autostima a me totalmente sconosciute. Sono diventati qualcosa di indipendente dalla mia volontà o controllo, anzi, mi guardano dal monitor con atteggiamento di superiorità, dal momento che ci mettono la faccia, loro, mentre io me ne sto qui a scrivere nel chiuso della mia casetta.
Nel corso dei numeri, che si sono succeduti in questi anni insieme, trascorsi con una velocità che definirei quasi inquietante, sento che ad ogni pubblicazione mi ritrovo un po’ come a dover lasciare andare una parte di me. Come strappare una pagina dal libro della mia storia, ripiegarla in quella sequenza che abbiamo imparato chissà dove e chissà come, ma che tutti conosciamo benissimo, per ottenerne una bella barchetta di carta, da spalmare di paraffina e lasciar andare sulla corrente del fiume.
Questa che sto ripiegando, svelandola, in questo momento preciso, è la barchetta numero 115.
115 pagine della mia storia vagano nell’immensità dell’oceano digitale.
115 pagine del mio libro interiore sono state strappate e comincio a percepire il vuoto che hanno lasciato.
115: un buon numero per prendersi questa breve pausa estiva.
SetteOtto è diventata la mia piccola personale biblioteca di danza, da consultare ogni volta che la mia memoria, orfana di quella carta strappata, vacilla.
Sento di aver dato moltissimo alla danza, anche se lei non mi ha neanche lontanamente reso il favore, ma si sa che in ogni coppia c’è sempre uno che ama per entrambi. E lei ha molti amanti. A volte mi sento molto stanca, mi sembra tutto vecchio e stantio, mi pare di non avere più nulla di interessante da dare o da dire, Per questo mi trovo a vivere, in questi anni, un momento di transizione necessario e naturale come lo è il passare del tempo. Mi capita spesso di sognare un futuro senza la danza, ma questo pensiero non mi intristisce affatto. Non perché sia stanca di lei, anzi, sono consapevole che sarà sempre presente, ma in una nuova veste, perché sono convinta che la trasformazione sia uno dei modi migliori per crescere. Poi, però, mi basta entrare in sala, cominciare una lezione, oppure anche solo appassionarmi in una discussione che la riguardi, con un collega, per rendermi conto immediatamente di quanto ancora sappia accendere un fuoco in me. Allora la persona che ho di fronte, sogghignando mi chiede: “ma sei proprio sicura di voler smettere con la danza?”
Non lo so. Vorrei, ma forse no. Di sicuro continuerò ad officiare il mio atto magico settimanale, inviando barchette di carta. Ma da settembre. Per il momento SetteOtto si prende una pausa, e io vi invierò una cartolina mentale dai luoghi immaginari in cui mi ritirerò nel silenzio.
Grazie a tutti voi, lettori preziosissimi, vi auguro di trascorrere una buona estate!