Il Balletto di Siena, di recente, ha realizzato un trionfale tour in Spagna. Considerando il periodo è stato un vero atto di coraggio che ha portato a grandissimi risultati. Ce ne parli?
Poter tornare a ballare in Teatro con il pubblico in platea è stata un’emozione fortissima. Non nego che sia stato molto più faticoso del solito, sia dal punto di vista organizzativo che da quello fisico. Per raggiungere la Spagna abbiamo dovuto fare uno scalo di circa 10 ore sia alla partenza che al ritorno, tutti i ballerini e io compreso abbiamo dovuto effettuare il tampone PCR per poter viaggiare; questo da sommarsi all’impegno già gravoso delle prove dello spettacolo. Al nostro arrivo in Spagna abbiamo ricevuto un’accoglienza calorosissima: al Teatro de la Maestranza di Siviglia, uno dei più importanti in Spagna, abbiamo aperto la stagione teatrale di quest’anno, cosa non da poco. Io in primis ho dovuto mettermi in gioco per poter sostituire il mio team di tecnici luci, che generalmente ci segue negli spettacoli, che non ha potuto viaggiare a causa delle limitazioni e mi sono trovato a dovermi confrontare con i tecnici del posto, cosa che di solito delego al mio responsabile tecnico. Sacrifici e fatiche sono stati davvero tanti, ma la soddisfazione di vedere il pubblico in sala, la capienza era del 50% con il tutto esaurito, che gioiva, piangeva e apprezzava lo spettacolo ha ripagato di tutti gli sforzi. Senza considerare cosa ha significato per i miei ballerini e per me poter tornare a fare il nostro lavoro. Non ci sono parole.
Quale produzione avete portato in scena? E perché ha avuto così tanto successo?
Lo spettacolo che abbiamo portato in Spagna è Fellini, la dolce vita di Federico, che ha ricevuto numerosi consensi e riscosso un notevole successo anche in Italia, durante la scorsa, purtroppo breve, stagione. Filo conduttore del balletto sono i personaggi principali dell’intramontabile La Strada del 1954, nei quali la stessa Giulietta Masina, moglie e musa del regista riminese, affermò di rivedere Fellini: Gelsomina, la sua giovinezza; il Matto e l’imperterrita volontà di intrattenere e divertire, infine Zampanò, versione cinematografica e saturata di un Federico ormai adulto. Il balletto rivive quindi Fellini nella sua completezza, accompagnando il pubblico attraverso La Strada e le brevi immagini di altri film felliniani, da Amarcord a I Vitelloni fino all’iconico La dolce vita.
Perché Fellini riscuote sempre questo successo?
Non credo ci sia una vera e unica motivazione, probabilmente ognuno vede dentro allo spettacolo qualcosa di diverso. Sicuramente il soggetto non fa parte di per sé del mondo della danza e quindi riesce ad avvicinare un pubblico più diversificato da quello che generalmente si interessa al balletto classico. Naturalmente, il fatto che Fellini fosse un regista italiano di fama mondiale, lo rende conosciuto in tutto il mondo e quindi anche, per esempio, in Spagna il pubblico conosceva i personaggi che sono stati rappresentati nella mia produzione e li ricollegava ai film che aveva visto. Infine, reputo che la drammaturgia dello spettacolo inviti il pubblico ad incuriosirsi e a farsi trasportare dalle coreografie, che sono a tratti estremamente comiche e in altri momenti terribilmente commoventi. Arriva dritto al cuore delle persone e direi che rappresenta un po’ quello che è la vita di tutti i giorni.
Il sodalizio con la Spagna dura già da un po’. Com’è nato?
Ormai sono un po’ di anni che lavoriamo in Spagna. La prima rappresentazione è stata nel 2013 a al Teatro Comunale di Girona e poi da lì si sono susseguiti tantissimi spettacoli e tournée. Per ricordarne qualcuno, il Teatro Cervantes di Malaga, il Teatro Viktoria Eugenia di San Sebastian, il Centre Cultural de Terrassa e l’Auditorium Forum Evoluciòn di Burgos. Abbiamo dei manager spagnoli che si occupano unicamente della promozione del Balletto di Siena sul territorio e poi, se posso dirlo, ormai il Balletto di Siena è una realtà molto conosciuta anche in Spagna.
Come vivi il blocco che da tempo ormai è imposto ai teatri e ai centri di formazione? L’ateneo della danza continua la sua attività?
Sono sfinito e anche deluso da come è stata gestita la cosa. Non ci è stato permesso nemmeno di dimostrare di poter rimanere aperti. Siamo stati obbligati ad adeguarci a norme assurde e alcune davvero senza senso. Abbiamo speso tantissimi soldi per mettere a norma i nostri locali, istruire i nostri lavoratori e instaurato nella mente dei nostri allievi le regole base per poter continuare a danzare. Dopo tutto questo, ad un mese dalla riapertura, ci hanno richiuso completamente perché siamo troppo pericolosi. Arrivati a questo punto, tutti i settori sono pericolosi per la diffusione del virus, ma accanirsi contro questo settore è, secondo me, una presa di posizione.
L’Ateneo della Danza ha chiaramente chiuso le porte della scuola e per tutti i corsi amatoriali ha programmato delle lezioni online gratuite. Rimangono in presenza solo un piccolo gruppo di agonisti che si preparano individualmente per gare e concorsi. Non per questo siamo fermi: stiamo già programmando lo Spring Stage 2021, dal 29 aprile al 2 maggio e l’Intensive Summer School 2021, dal 3 all’11 luglio. Rimane un’incognita l’atteso ritorno del festival Danza Excelsior, che vede ospiti internazionali calcare lo splendido palco del Teatro dei Rinnovati di Siena, nell’attesa che vengano riaperti tutti i luoghi di cultura.
Come ti spieghi la noncuranza con cui l’intero settore dello spettacolo dal vivo viene trattato dalle istituzioni italiane?
Continuo a sostenere che questo blocco dei teatri, dei centri di formazione e delle scuole di danza sia assurdo. I ragazzi e tutti i lavoratori del settore non sono più a rischio dei calciatori e dei loro allenatori. Allora perché veniamo considerati di serie B? La risposta che mi viene in mente è perché purtroppo, al nostro Stato, la cultura e l’arte come la danza e il teatro non interessano. Di questo, purtroppo, me ne sono reso conto proprio nell’ultima tournée in Spagna, dove come vi ho raccontato tutto è stato possibile con le accortezze del caso. Speravo che la seconda ondata non ci avrebbe preso impreparati, invece siamo messi come la scorsa primavera se non peggio, oltre a non avere più la pazienza di aspettare che tutto torni normale. Non ce la facciamo più.
Qual è il futuro della danza nel nostro paese?
Se andiamo avanti di questo passo, sarà durissimo quasi impossibile rialzarsi. Ogni giorno sento colleghi disperati che pensato di chiudere le loro attività. Che ne sarà dei giovani talenti italiani? Che ne sarà dei nostri ballerini? Io spero in una ripresa a breve e già così in molti non ce la faranno.
Nonostante l’incertezza di questi mesi, quali sono i progetti futuri della compagnia?
Stiamo chiaramente guardando soprattutto alla stagione estiva, nella speranza che come lo scorso anno sia più facile l’organizzazione da parte dei teatri. Oltre a questo, presto avremo delle novità in serbo ma sono ancora dei progetti “work in progress” che, per scaramanzia, preferisco non divulgare. Se Dance Hall News me lo permetterà, farò sicuramente l’annuncio ufficiale qui.
A quando un ritorno sulle scene italiane?
Prima di quello che tutti pensano. Forse qualcosa si sta sbloccando. Non è ancora molto ma forse sarà sufficiente per tornare pian piano a vivere di questa splendida arte e a far sognare i nostri spettatori.