«Una donna molto bella, vestiva sempre alla moda con Chanel, tailleur e tanti si voltavano anche a guardarla. Era impeccabile, la prima a essere sul palcoscenico, perfetta. […] in sala […] non ostentava la sua fama. Un grande esempio di professionalità».
Con queste parole Anna Razzi, ex direttrice della Scuola di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, descrive la grande danzatrice Margot Fonteyn, colei che fu una delle pochissime al mondo a essere nominata Prima Ballerina Assoluta e che fino a sessant’anni indossò le scarpette da punta, calcando i palcoscenici più importanti del mondo, scrivendo per sempre il suo nome nella storia del balletto.
Margot Fonteyn, nome d’arte di Margaret (Peggy) Hookham nacque il 18 maggio 1919 a Reigate, nell’Inghilterra del sud-est, da padre inglese e madre irlandese, figlia illegittima dell’uomo d’affari brasiliano Antonio Fontes.
Trascorse i primi anni dell’infanzia in Cina, dove la famiglia si era trasferita per seguire il lavoro del padre. Nel 1933, all’età di quattordici anni, superò un’audizione per il Vic-Wells Ballet (in seguito Sadler’s Wells Ballet e poi Royal Ballet) ed entrò a farne parte.
L’allora prima ballerina del Vic-Wells Ballet Alicia Markova si ritirò dalle scene nel 1935 e all’interno della compagnia era grande la preoccupazione su chi dovesse sostituirla. Margot Fonteyn era tenuta d’occhio e di lì a poco diventò la star della formazione.
La sua prima apparizione in Giselle, uno dei ruoli più difficili del repertorio classico, è nel 1937, al Sadler’s Wells Theatre. È però rimasta nella storia del balletto la sua interpretazione come prima ballerina, a ventisei anni, nel ruolo di Aurora ne La bella addormentata nel bosco di Cajkovskij, balletto che costituirà il suo cavallo di battaglia per tutta la sua lunga carriera.
Nel 1954, all’età di trentacinque anni, le venne conferito il titolo di Dama.
Due furono gli incontri che segnarono una vera e propria svolta nella vita della Fonteyn: il primo fu con il grande coreografo Frederick Ashton, che confezionò per lei, sua musa ispiratrice, i ruoli più importanti del suo repertorio: Apparitions (1936), Dante Sonata (1940), Symphonic Variations (1946, balletto concertante, capolavoro nella produzione di Ashton), Cinderella (1948), Daphnis and Chloé (1951), Sylvia (1952) e soprattutto Ondine (1958) e Marguerite and Armand (1963). Quest’ultimo lavoro fu creato appositamente per lei e per il grande danzatore russo Rudolf Nureyev: dopo di loro non fu mai più interpretato da nessun’altra coppia fino al XXI secolo.
L’altro personaggio destinato ad esercitare un ruolo fondamentale nella vita di Margot fu proprio Rudolf Nureyev. Insieme ottennero i successi più clamorosi della loro carriera. Il loro sodalizio artistico iniziò nel 1961, quando Nureyev, in tournée in Europa col Balletto Kirov, chiese asilo in Francia, scappando dalla Russia. Margot Fonteyn lo invitò allora a un gala di beneficenza a Londra. In quel periodo correvano voci su un imminente ritiro dalle scene della Fonteyn, ormai quarantenne, decisione forse dettata anche dal matrimonio di Margot con l’ambasciatore panamense Roberto de Arias, celebrato nel 1956. Ma questo ritiro non avvenne: la prima performance che vide insieme Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev fu Giselle, il 21 febbraio 1962, presso la Royal Opera House di Londra. Fu un successo strepitoso. Durante le chiamate alla ribalta Nureyev si inginocchiò davanti alla Fonteyn e le baciò la mano, cementando un’unione che durò una vita, sia sul palco, sia fuori.
Rudolf Nureyev ricordò così Margot Fonteyn, in un articolo pubblicato su Il Corriere della Sera il 23 novembre 1992: «È stata la mia partner ideale. Avevamo temperamenti diversi e c’era anche una differenza di età di vent’anni. Ma i nostri corpi, i nostri movimenti, i nostri piedi e le nostre mani riuscivano sempre a incontrarsi e a fondersi meravigliosamente, in una sorta di equilibrio che credo sia stato irripetibile».
Nel 1965 un rivale politico del marito della Fonteyn gli sparò, lasciandolo paralizzato. Per pagare le spese mediche del marito Margot fu costretta a danzare fino ai sessant’anni, nonostante un’artrosi al piede.
Quando si ritirò dalle scene, nel 1979, il Royal Ballet le conferì il titolo di Prima Ballerina Assoluta.
Si trasferì in seguito a Panama per stare accanto al marito paralizzato e qui, dal 1981 al 1990 fu Presidente Onorario della University of Durham. Ammalatasi di cancro, morì nel 1991.
Nelle parole di Alberto Testa, in un articolo pubblicato su La Repubblica il 22 febbraio 1991, il giorno successivo alla morte della grande danzatrice, un delicato ricordo da cui emerge l’immagine di una donna straordinaria, di una semplicità e di una purezza senza pari: «La Fonteyn non voleva stupire, non ricercava effetti pirotecnici; la sua tecnica era equilibratissima, misurata, purissima, favorita dalle squisite proporzioni fisiche e dalle linee musicalissime.
La sua Aurora era veramente un aprirsi alla giovinezza, alla vita, un personaggio che interpretò ancora avanti negli anni con grande, inimitabile stile».