Le pause sembravano essere una cosa scontata, forse perché vivevamo nella frenesia.
Vivere e capire le pause è una forma d’amore.
Perdersi e dondolarsi nelle pause.
Come una “pausa coreografica”: interruzione del ritmo, momento di respiro, attimo pieno di consapevolezza, in cui si rimane in perfetto ascolto del movimento.
Ecco per me queste sono le tre parole chiave di questo periodo: respiro, consapevolezza, ascolto.
Tutta l’arte di vivere si trova in un bel mescolarsi di lasciarsi andare e aggrapparsi.
Prendo consapevolezza di questo momento colmo di buio, incertezze, privazioni, ruoli…Sì, ruoli, perché chi siamo noi? Mi sono posto questa domanda, in diversi momenti della giornata, e mi sono risposto che sono un piccolissimo punto in questo immenso universo! Non so se siete d’accordo con me, ma a volte mi sento così impotente rispetto ad un sistema sicuramente più grande di noi.
Mi rimangono pochi mezzi per non affondare in questo buio, forse solo uno, la mia esigenza, il mio bisogno primario, la mia filosofia, il mio modo di vedere la vita.
Colei che mi ha sempre salvato e credo che continuerà a farlo.
Sono un eterno sognatore?
Può darsi, cari amici, vi lascio assoluta facoltà di pensarlo, proprio in questo momento in cui nessuno ci aiuta, dimenticati da tutti, anche da icone mondiali della danza, senza nessun sostegno e poche prospettive di ripartire.
Ma io credo molto in ognuno di noi, pensateci bene: quante battaglie avete combattuto nel vostro vissuto? Quanti momenti difficili non vi hanno fatto vedere la luce per giorni o mesi? Quante volte vi siete sentiti una nullità o vi siete fatti prendere dallo sconforto pensando di non farcela? Be’ a me e’ capitato e capiterà ancora in futuro, ho sempre cercato di accogliere la sofferenza fino ad arrivare alla riformulazione.
Sì dobbiamo riformularci, reinventarci in ogni istante per provare, a noi stessi, che le occasioni sono infinite e talvolta con tanta fantasia si possono scoprire nuovi mondi.
Guardare il giorno con occhi diversi, gustarne ogni piccola sfumatura e rendersi conto di un contorno, talvolta molto infelice, che avrebbe bisogno di una parola di conforto.
E non ditemi che sono semplicemente un sognatore, tu non lo sei?
Tu che vivi di danza, insegnamento, organizzazione di eventi, coreografie, non sei un sognatore?
Ecco quindi abbiamo un ruolo: i sognatori della società! (Non ridete!)
Abbiamo la necessità di sognare e saper far sognare gli altri.
I sogni sono come fari che indicano la strada da seguire.
Fari come guida nell’oscurità di questa quotidianità.
Abbiamo bisogno di “occhi selvatici”, occhi capaci di interpretare la realtà in modo differente e nuovo.
Semplicemente noi, quelli che restano e rimarranno aggrappati alla speranza!
Michael Fuscaldo