Centosettantacinque primavere fa al Teatro Reale di Copenaghen fu rappresentato per la prima volta il balletto “Napoli”, tre atti musicati da Holger Simon Paulli, Edvard Helsted, Niels Wilhelm Gade e Christian Lumbye. Il coreografo francese August Bournonville interpretò personalmente il ruolo del protagonista Gennarino al fianco della Teresina di Caroline Fjeldsted in un tourbillon di nomi e cognomi evidentemente non napoletani né italiani. Ad ennesima dimostrazione che nell’intero Ottocento gli addetti ai lavori coreutici viaggiassero in lungo ed in largo per il vecchio Continente con frequenti incursioni in Italia. Eppure la conoscenza diretta dei siti partenopei del librettista, coreografo ed interprete August Bournonville derivano da un aneddoto molto divertente ed al contempo irriverente con una tradizione ormai plurisecolare sugli usi ed i costumi della città di Napoli.
Si narra, infatti, che durante la reggenza danese di Cristiano VIII, il coreografo August Bournonville era impegnato in una serie di rappresentazioni di balletto nell’allora Teatro Reale. Una di quelle sere, tuttavia, il gran trambusto che si sentiva fin dietro le quinte disturbò oltremodo il coreografo che, senza esitazione, uscì personalmente sul palcoscenico, interruppe la rappresentazione stessa invitando il pubblico rumoroso a zittirsi per dignità e decoro. Peccato che una parte di quei “facinorosi” fossero rappresentanti della famiglia reale! le conseguenze non si fecero attendere e per il coreografo irriverente fu pensata davvero una punizione esemplare: un esilio forzato nel sud Europa, precisamente nella caotica città di Napoli. Lì, qui per chi scrive, il coreografo danese ebbe la brillante idea di prender casa su Via Santa Lucia, una via parallela all’attuale Via Partenope per intenderci, che all’epoca dava direttamente sul mare. E proprio lì August Bournonville condivise le tante esperienze e sfaccettature che la città seppe offrirgli, ivi comprese le caratteristiche salienti del nascituro libretto del balletto “Napoli”, poi rappresentato per la prima volta nel 1842 al Teatro Reale di Copenaghen.
Il libretto di “Napoli” narra dei due protagonisti Gennarino e Teresina innamorati, nonostante le frequenti incursioni dei due buffi spasimanti Peppo e Giacomino, venditori ambulanti invidiosi ma mai realmente pericolosi. La prima scena del primo atto è tutta una festa di colori, musiche, salti e saltini. Tanti saltini, così tanti da far emergere prepotentemente la tecnica-Bournonville così amata e gelosamente conservata in Danimarca ancora oggi con un repertorio venduto a costi esorbitanti in giro per il mondo. Una gita a largo del Golfo di Napoli in barca dei due protagonisti è l’antipasto della tragedia. Il maltempo li sorprende e la barca si rovescia con uno sconvolto Gennarino superstite ma addolorato per la perdita della propria Teresina. Il ritorno sulla spiaggia d’origine di Gennarino è un ulteriore motivo di dolore poiché, a torto o a ragione, la famiglia di Teresina e tutti gli amici lo colpevolizzano per l’accaduto, isolandolo e maledicendolo. Fin quando, sotto una pioggia battente, il povero Gennarino si ritrova ad essere consolato da un monaco che gli offre un medaglione raffigurante il volto della Madonna di Monte Vergine della non lontana Avellino. Con quel medaglione benedetto il protagonista avrebbe potuto ricevere forza, coraggio ed il conforto necessario per ritrovare la sua amata.
E così nella seconda scena del primo atto scorgiamo Gennarino sulla barca alla ricerca della sua amata. Si addentra in una grotta, quella Azzurra dell’isola di Capri, dove incontra uno stuolo di donne assai simili a sirene dal fantastico nome di nereidi, ovvero le abitatrici delle grotte del re Golfo. Qui lo spirito del mare si imbeve della memoria di tutte le donne di cui si innamora, ivi compresa la malcapitata Teresina che, nel frattempo, è diventata anch’essa una nereide. A prima vista la giovane respinge Gennarino, non riconoscendolo affatto e sempre più fedele ai dettami del suo nuovo re. La lotta tra il rinvigorito protagonista e lo spirito del mare non sorprende Teresina fin quando Gennarino, ricordando le parole di conforto del monaco incontrato qualche ora prima, prende il medaglione e lo porge al collo della sua amata. Ecco che il miracolo della Madonna di monte Vergine si compie ed alla giovane torna la memoria che naturalmente le consente di riconoscere il suo amato. Insieme i due protagonisti si rivolgono a Golfo implorandolo di poter tornare a casa e, dopo una reazione assai ridotta dello spirito dl mare, ottengono il benestare nel segno dell’amore e del perdono.
La matrice religiosa è davvero significativa nel libretto di Napoli, naturalmente acquisito dal coreografo danese nella sua forzata residenza napoletana. Evidentemente August Bournonville ha vissuto in prima persona molte celebrazioni religiose e festaiole a Napoli, condividendole e riportandole nelle sue coreografie, caricando talvolta di forme e contenuti taluni passaggi della sua residenza. Tuttavia il secondo atto, quello dei festeggiamenti, è un omaggio alla musica napoletana ed alla brillantezza dei suoi paesaggi, con uno squarcio colorato e spesso acceso del panorama visitato a più riprese. Il pas de six e la Tarantella sono i brani salienti dell’intero secondo atto, quasi senza dar più conto al libretto ed alla narrazione delle storie di Gennarino e Teresina.
Da quella prima rappresentazione danese di centosettantacinque anni fa se ne sono tuttavia alternate altre, a cominciare da quella londinese del Festival Ballet del 1954 o quella svedese dello Stora Theater di Goteborg nel 1971. O ancora sette anni dopo il balletto approdò integralmente per la prima volta in Gran Bretagna, allo Scottish Ballet, ed al National Ballet of Canada con Peter Schaufuss. Ci piace però ricordare l’evento nell’evento di questo tourbillon di date, con la rappresentazione del balletto “Napoli” proprio a Napoli, al Teatro di San Carlo il 9 dicembre 1988, ad opera naturalmente di Peter Schaufuss che lo allestì ed addirittura lo interpretò (proprio come fece il pioniere August Bournonville nel 1842) al fianco della sua musa ispiratrice d’allora Elisabetta Terabust.
Crediti fotografici: Paul Kolnik (New York City Ballet)