Tempo di cambiamenti per il Joyce Theather di New York. Il teatro, a lungo all’avanguardia per le sue rassegne di danza moderna, ripropone un classico come Blanche Neige, meglio noto al pubblico italiano con il titolo di “Biancaneve”. E lo ripresenta offrendo a questo vero e proprio balletto moderno, che ha avuto più di 14.000 spettatori a partire dal suo debutto del 2009, lo spazio e la sfarzosità tanto cari al repertorio classico. Nasce quindi la collaborazione con il Metropolitan (una Istituzione nella città di New York, sede del New York City Ballet, dell’American Ballet Theater e del Metropolitan Opera), che diventerà la sede dello show, invece della consueta sede presso il quartiere di Chelsea, a Manhattan. La coreografia è affidata al talentuoso Anjelin Preljocaj, il quale, quasi a prendersi beffa dell’americano ben pensante, immagina una Biancaneve in cui non c’è spazio per le romanticherie, ma tutto si colora di note scure e a tratti vacue.
Il grande Preljocaj parte dalla favola dei fratelli Grimm per esplorare, da un lato, il tema dell’eterna giovinezza e dell’esasperante necessità di aggrapparsi ad essa, dall’altro il tema della sessualità (più puerile in Biancaneve e più perversa, con richiami al mondo del sadomasochismo, nella Strega). Le musiche sono di Gustav Mahler, le scenografie di Thierry Leproust e i costumi portano la firma di Jean-Paul Gaultier. Lo stilista, che grande scalpore e interesse ha suscitato nella stampa americana, si fa interprete attento della coreografia, tant’è che i costumi si fanno rivelatori del carattere stesso dei personaggi: ecco la strega che diventa una dominatrix del mondo sadomasochista; ed ecco Biancaneve che, facendo intravedere attraverso il suo abito bianco alcune parti nude del corpo, instilla il dubbio nello spettatore che, dopo tutto, non sia così innocente come immaginiamo.
Superati i cinquant’anni di età, Preljocaj compie un passo importante per entrare di diritto nel mondo aristocratico della storia della danza. E come William Forsythe riadattò il Lago dei Cigni o Pina Bausch ricreò la Sagra della Primavera, così il coreografo francese affronta un classico del balletto ritenendo di avere ormai la maturità spirituale e artistica per poterlo trattare. Nel balletto di Preljocaj sono moltissimi i riferimenti alla struttura tipica dei balletti classici: dalle danze di corte, fino al villano che si intrufola alla festa creando un finimondo. La Compagnia è incredibile e i danzatori lasciano senza fiato per le qualità tecniche e artistiche. Ottime le composizioni del corpo di ballo, benché alcuni movimenti risultino troppo ripetitivi. Avvincente e fiabesco l’incontro tra Biancaneve e i sette nani, immaginati come minatori che danzano sulla parete del palcoscenico. Ma la parte più interessante dell’intero spettacolo sono i duetti, in particolare quello tra Biancaneve e la strega, dove quest’ultima spinge con forza la mela nella bocca di Biancaneve, e il duetto d’amore tra il principe e la protagonista: qui Biancaneve è ancora addormentata e il principe danza con un corpo che sembra morto. Palese richiamo sia all’amore interrotto tra Romeo e Giulietta, ma anche, ancora una volta, un ennesimo riferimento alla sfera sessuale, nel caso specifico alla necrofilia.
Qualcosa nella chiusura dello spettacolo lascia, però, un leggero amaro in bocca. Un sapore dato non tanto dai temi toccati, quanto piuttosto dal fatto che il regista, forse nel tentativo di accalappiarsi un pubblico più vasto, non penetra fino in fondo i temi che si era prefissato di voler affrontare. Nonostante ciò, il successo di Blanche Neige è innegabile: con questo spettacolo Preljocaj ci lascia un’opera dalle visioni al contempo incantevoli e terribili, simbolo della sua maturità coreografica e del suo indiscutibile talento artistico.