Rudolf Nureyev nacque nel 1938 in un vagone della Transiberiana che viaggiava verso Vladivostock, dove la madre si stava recando per raggiungere il marito commissario politico dell’Armata Rossa.
La sua infanzia, passata a Ufa dove la famiglia si trasferì, fu difficile perché segnata dalla miseria e dalla tristezza della sua condizione che lo portò ad isolarsi da tutto e tutti, e dove unica sua compagnia era la musica.
Fu nel 1945 che venne folgorato da quella che sarebbe diventata la grande passione della sua vita: la danza. Dopo aver assistito ad uno spettacolo di danze folkloristiche nella sua città, decise che sarebbe diventato un ballerino, e così inizia a studiare danza con l’anziana signora Udeltsova, che aveva fatto parte a suo tempo dei famosi “Ballets Russes”. Ma fu solo a 17 anni, per lo scompaginamento della vita culturale russa causato dalla guerra, che Nureyev riuscì ad entrare in una vera scuola di danza, e cioè all’Accademia Vaganova di San Pietroburgo , con sette anni di studio in meno rispetto ai suoi coetanei. Ma, a dispetto della sua età e della sua preparazione, il grande talento di Nureyev era già evidente e venne riconosciuto immediatamente dai suoi insegnanti.
In pochi anni venne ammesso nella compagnia del Teatro Kirov di San Pietroburgo, danzando sempre in ruoli da protagonista insieme a danzatrici famosissime quali Natalia Dudinskaya, Irina Kolpakova e Alla Sizova. La sua carriera prese il volo e ciò gli permise di esibirsi anche al di fuori dei confini russi, privilegio raramente concesso all’epoca, ma che serviva al Partito per dimostrare all’occidente le virtù del comunismo che riusciva a sfornare così grandi talenti nella cultura e nell’arte.
Nel 1961 la sua vita cambiò, complice l’infortunio del collega Konstantin Sergeyev che gli impedì di danzare ne “La Bella Addormentata” a Parigi e per cui venne chiamato Rudy come sostituto. Nureyev ottenne un successo clamoroso tanto che , al termine della tournée francese, decise di compiere il “grande salto” chiedendo asilo politico alla Francia mentre si trovava all’ aeroporto parigino pronto a tornare in Russia. Temeva infatti che non gli avrebbero più permesso di espatriare causa il suo carattere ribelle e anticonformista che male si adattava alle regole e alle restrizioni dell’apparato comunista.
Questa fuga in Occidente gli valse la condanna di alto tradimento il che lo costrinse a vivere da esule per molti anni, lontano dalla patria e dagli affetti più cari, ma allo stesso tempo, da quel momento in poi, Rudy divenne un vero e proprio mito in Occidente, e fu libero di decidere dove e con chi ballare, grazie alle sue doti eccezionali che fecero di lui un vero e proprio mito della danza. I teatri di tutto il mondo se lo contendevano: dopo Parigi, fu la volta del Balletto Reale Danese, dove danzò balletti del repertorio di Bournonville, poi fu la volta degli Stati Uniti e poi di Londra, alla Royal Ballet dove divenne “principal guest” e dove iniziò il grande sodalizio artistico e personale con Margot Fonteyn che durò tutta la vita, anche dopo il ritiro dalle scene della grande ballerina inglese.
Danzò in tutti i ruoli del repertorio classico e moderno e fu l’ispiratore di coreografi di altissimo calibro che facevano a gara per riuscire a scritturarlo: Ashton, MacMillan, Petit, Balanchine (solo per citarne alcuni) si innamorarono della sua danza e del suo carisma e crearono per lui ruoli nuovi che divennero pilastri della danza di tutti i tempi ( “Marguerite e Armand”, “Romeo e Giulietta”, “Pelleas e Melisande”, “Le Bourgoios gentilhomme”….).
Grazie al suo talento, alla sua bellezza e al suo fascino, Rudy conquistò il pubblico di tutto il mondo che gli perdonava tutto, anche le sue frequenti intemperanze, il suo carattere impulsivo e litigioso, la sua vita privata burrascosa: si creò una vera “Rudy mania”.
Diventò una vera celebrity: le notizie dei suoi amori riempivano i giornali scandalistici, quelli di cronaca mondana si occupavano di lui continuamente per le sue frequentazioni eccellenti come Jacqueline Kennedy, Mick Jagger, Andy Warhol . Nonostante la sua vita privata lo portasse a fare una vita alquanto sregolata, Rudy, alle dieci del mattino, era sempre alla sbarra pronto per iniziare il suo lavoro quotidiano.
Si distinse non solo come ballerino, ma anche per la sua feconda attività di coreografo. Riprese e rimontò balletti russi ormai dimenticati, come “Raymonda”, ma creò anche nuove versioni di classici del repertorio, tra cui “Lago dei Cigni”, “Cenerentola”, “Bella Addormentata”, “Don Chisciotte”, “Bayadère”.
Innumerevoli i riconoscimenti e le onorificenze ricevute nel corso della sua carriera, tra le più prestigiose ricordiamo quella di Cavaliere della Legion d’Onore, di Commendatore delle Arti e delle Lettere fino all’incarico di Direttore del ballo all’Opera di Parigi , ruolo che ricoprirà fino al 1987 e che lo porterà a promuovere numerosi giovani e talentuosi ballerini. Ma la sua vena artistica si mise alla prova anche con la direzione d’orchestra, con il musical, la televisione e il cinema.
Tuttavia, il grande successo non riuscì mai a colmare il suo desiderio di ritornare in patria. Fu grazie ad una concessione speciale di Michail Gorbacev che Nureyev riuscì a rientrare in Russia nel 1987,per rivedere la sua prima insegnante di danza e la madre a cui rimase legato profondamente per tutta la vita. Anche se la sua visita durò pochi giorni, giornali e televisioni ne parlarono come di un evento storico, soprattutto quando Rudy si esibì al Kirov davanti ad un pubblico rapito dalla straordinarietà di quel loro compatriota ormai consegnato alla storia.
Fu però proprio in quegli anni che scoprì anche di essere ammalato. Nureyev non si arrese neanche di fronte all’AIDS e grazie al suo carattere combattivo, dopo aver fatto la dialisi si presentava sempre in teatro per la lezione di danza e si esibì sempre finché le forze non glielo permisero più, e per questa sua scelta fu anche ampiamente e aspramente criticato. Riconquistò però l’ammirazione dei suoi fan grazie all’esempio di coraggio che seppe dare nell’affrontare la sua malattia che gli tolse a poco a poco non solo la salute, ma anche la bellezza, il che non gli impedì di continuare ad apparire in pubblico, nonostante i segni della sua malattia fossero evidenti a tutti ormai. La sua ultima uscita pubblica fu nel 1992, in occasione di una produzione di Bayadére a Parigi al Palais Garnier dove fu accolto da un pubblico entusiasta ed emozionato che gli concesse l’ultimo commosso applauso della sua intensa carriera .
Morì nella sua amata Parigi il 6 Gennaio del 1993.
Rudolf Nureyev rimane e rimarrà per sempre un mito della danza, artista di straordinaria personalità che influenzò in modo imprescindibile la danza valorizzando l’importanza dei ruoli maschili, fino ad allora relegati a semplice porteur, sviluppandone con cura le parti coreografiche.
Danzatore bello, espressivo e carismatico capace di incantare e conquistare il pubblico, fu precursore della versatilità della danza abbattendo il confine tra il balletto classico e quello moderno danzando entrambi gli stili.
Crediti fotografici: Leonard Burt, Jane Bown, Michael Peto.