“Callas il mito”: il sapore delle occasioni mancate.

di Francesco Borelli
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Esistono, a mio avviso, personaggi talmente intoccabili che ogni tentativo di raccontarne le vite diventa pretenzioso o quanto meno impresa ardua. “Callas il mito”, andato in scena lo scorso week-end a Milano presso il Teatro Nazionale è, in tal senso, un tentativo certamente apprezzabile ma non totalmente riuscito. Lo spettacolo si compone di quadri in cui si rappresentano alcuni momenti della vita della Divina. Quelli felici, dei grandi successi, della gloria. E quelli tristi, dell’infelicità, della solitudine. José Possi Neto, regista dello show, sottolinea come la sua creazione non voglia essere “una mera narrazione biografica”, né abbia alcuna velleità di tipo analitico o critico. Le interpretazioni di Maria, così come le sue vicende private, sono state “l’origine, la fonte d’ispirazione per creare una rappresentazione in cui la danza si combina con la magia evocativa del teatro e dei video”. E, fin qui, onore al merito. Eccellente il lavoro svolto sulle immagini, quasi a comporre vere e proprie scenografie, così come i giochi di luce capaci di dare risalto alle coreografie e alle azioni sceniche maggiormente teatrali. Decisamente interessante anche il fatto che la Callas riviva attraverso personalità immaginarie e reali, vive e morte. Quattro danzatrici riportano in scena alcuni dei personaggi da lei interpretati, mentre Vera Lafer e Marilena Ansaldi ne rappresentano l’aspetto pubblico e privato. La prima attraversa la scena indossando un lungo abito sul quale sono stampate le immagini più glamour della vita della Callas; la seconda, intensa e drammatica, ne sviscera l’infelicità, il dolore, la solitudine. Entrambe le artiste, però, calcano, a mio avviso, la mano su un genere di teatro danza a tratti poco attuale. Ciò che manca in “Callas il mito” è una struttura di base adeguatamente investigata, in grado di dare valore alle ottime idee di partenza e alla splendida compagnia di danzatori chiamati a interpretare la furia e la passione, ovvero i due sentimenti che in assoluto hanno dominato la vita della Divina. Se da una parte è stato splendido il passo a due eseguito da Josè Perez, già celebre per la sua partecipazione ad “Amici”, e Liris do Lago sulle magnifiche note della Casta Diva tratta dalla Norma di Bellini, dall’altra era proprio necessario raccontare il triangolo Callas-Onassis-Kennedy come uno scontro fisico tra le due donne, rivali su un ring con la musica di 9 settimane e mezzo sullo sfondo? Un dolore così privato e una storia così triste non meritavano forse un approccio maggiormente delicato e intimo? Le composizioni coreografiche sono di certo deliziose e gradevolissime. E i danzatori della compagnia decisamente ben diretti e talentuosi. Ma, se in taluni casi le arie, miste a musiche contemporanee, sono state utilizzate in maniera impeccabile, come, per esempio, quelle tratte dalla Carmen di Bizet, in altri, come nel caso di Traviata o del coro a bocca chiusa della Butterfly si poteva fare di più. In definitiva, “Callas il mito” è uno spettacolo godibile e pieno di spunti positivi, ma ha il sapore delle occasioni mancate.

 

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