Marta Levis: “vivo magicamente la Danza con semplicità, onestà e rigore”

di Miki Olivieri
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Carissima Marta, come ti sei avvicinata alla danza e qual è stato il tuo percorso artistico?

Caro Miky, mi sono accostata all’arte tersicorea fin da piccolissima, in varie scuole di danza (mio padre era capo cantiere e lavorava in parecchi paesi del mondo e noi famiglia al suo seguito)… Diciamo che ho trascorso l’infanzia tra uno Stato e l’altro e papà e mamma, all’inizio molto restii a iscrivermi a danza, si convinsero dopo una mia presa di posizione testarda e netta (avevo digiunato per una settimana) si convinsero ad accontentarmi, sperando che fosse un capriccio passeggero. Le loro ambizioni per me erano che io intraprendessi la carriera diplomatica. Poi proprio perché girovaghi, fu deciso, per non penalizzarmi nella scuola ordinaria (imparavo tutte le lingue ma con l’italiano ero messa maluccio) di mettermi in Collegio dalle Suore a Carrara… le suore capirono subito la mia inclinazione e mi fecero continuare a studiare danza e a farmi esibire come “solista” nei saggi di fine anno. Così è iniziata l’avventura, poi ci trasferimmo a Milano e io, liceale al “Classico Parini” proseguii a studiare, consigliata da alcuni ballerini della Scala, alla scuola della Torrigiani, diretta allora da Vanna Castagna: insegnavano Vera Colombo, John Lei e tanti altri bravissimi insegnanti. Ripensando a quei bellissimi anni e ai miei compagni di danza, il famoso manager Lucio Presta era tra loro, mi emoziono ancora adesso… ebbene sì ha iniziato anche lui come ballerino! E tanti altri che poi sarebbero diventati i professionisti di allora. Il passaggio dalla scuola di via del Carmine alla Storica CSC (la scuola del sindacato dei ballerini) fu quasi un segno del destino (quella mitica scuola ora la dirigo io!!!) alla CSC c’erano le lezioni gratuite dello Ials, (bisognava avere Enpals e un Contratto di lavoro) insegnanti di fama mondiale. In quelle sale hanno insegnato i danzatori della Louis Falco Dance Company, maestri come Joffrey Colei, Robert Strajner e Gabriel Popescu. E tantissimi altri, insegnava anche Luisella Arcari, nota coreografa televisiva e insegnante di tutti i ballerini televisivi di allora… Grande donna, grande maestra, dalla personalità forte ed esplicita (ti diceva sempre in faccia quello che pensava) le devo molto, mi ha insegnato a competere, a non tirarmi mai indietro, a tirarmi fuori in tutto e per tutto. Credo che tutti i ballerini di allora le debbano un “Grazie!” Ho capito che mi stimava (nonostante tutte le sgridate) perché anni dopo, io già affermata, mi ha fatto pervenire una bellissima pianta con le sue congratulazioni per la mia carriera… Ho pianto di gioia! Da lei, così “dura” non me lo sarei mai aspettato. Ho sempre amato studiare e anche da professionista ho continuato ad aggiornarmi e a cercare nuovi stimoli e confrontarmi con varie tecniche di danza. Dopo Milano, New York… le grandi scuole americane, dall’Alvin Ailey alle scuole americane di Contemporary come Martha Graham. Le ho girate tutte. Un anno di full immersion che mi ha cambiato la vita e il modo di pensare. In America ho letteralmente trovato l’America (altri la trovano in Italia). Tornata in Italia, il mondo del lavoro mi “scopre”. Ingaggiata come mimo/ballerina al Teatro la Scala di Milano in Turandot (fui scelta dal grandissimo Franco Zeffirelli) per il ruolo della seduzione. Vengo notata dal giornalista Gigi Moncalvo. Finisco sulla pagina “spettacoli” di tanti quotidiani e riviste… È il mio momento! Mi vuole anche Beppe Recchia con sé in una trasmissione televisiva al fianco di Teo Teocoli. Intanto alla CSC di Milano le mie classi di modern jazz si riempiono di allievi… raggiungendo quota 300!! E divento l’insegnante di punta di quella famosa scuola dove era iniziato tutto come anonima allieva. 

Quando hai capito che la danza poteva diventare la tua professione?

Subito, già a 5 anni dicevo: sarò una ballerina… Poi la realtà mi ha dato ragione. 

Un momento che è stato decisivo per la tua vita professionale ?

Sicuramente la Turandot alla Scala. Mi ha fatto notare e conoscere grazie all’interessamento dei giornali. Poi l’incontro con Nadia De Paoli (regista pubblicitaria) che mi ha voluta, avevo solo 22 anni, come coreografa di uno spot. Ne sono seguiti poi almeno altri 50. 

Da dove è nata poi la passione per la coreografia?

Per caso, si sono accorti gli altri che ero creativa. Anche tra noi ballerini in sala, se dovevamo montare qualcosa, finiva sempre che lo facevano fare a me… 

Chi ha creduto maggiormente in te, agli inizi della tua carriera?

Io per prima! Poi, credendoci così tanto, il resto è venuto da sé… Ho dovuto superare mille ostacoli, l’ambiente non è facile, e certamente ho trovato nel mio cammino persone che mi hanno dato fiducia, ricordo ora un altro quotatissimo regista e fotografo pubblicitario, Alberto Dell’Orto, assistette per caso a un mio saggio di danza amatoriale. Il giorno dopo mi chiamò e divenni la sua coreografa di fiducia in tanti spot… 

Quali sono le caratteristiche diverse dall’essere ballerino, coreografo, insegnante?

Credo che le differenze siano molto soggettive, io per carattere sono molto incline a donarmi agli altri, ad aiutarli, mi sento molto maestra… anche nella vita. Gli allievi me lo riconoscono, ne ho sempre tanti e li amo profondamente tutti. La coreografia mi è naturale, arriva senza sforzo, mi piace raccontare e tessere in danza attimi di vita, emozioni, narrazioni. Forse essere coreografa e insegnante è stato per me più significativo che ballare io stessa. Il danzatore ama in prima persona esprimere il proprio talento offrendosi al pubblico. 

Come si riconosce una buona scuola di danza?

Maestri validi e di provata esperienza, serietà anche nella gestione della struttura, una scuola seria è in ordine con tutte le normative della sicurezza e fiscali… e poi, alla fine dall’albero si vedono i frutti. Se da una scuola escono un gran numero di ballerini professionisti… beh, che dire, la scuola è validissima! 

Dopo tanti anni, come descriveresti la tua esperienza nel campo televisivo?

Un’esperienza molto impegnativa dal punto di vista del self control, della concentrazione, del capire cosa ti viene richiesto e saper soddisfare le aspettative, non si può sbagliare! Ma ancor oggi sono grata alla televisione, tanto stress emotivo per la cosiddetta ansia da prestazione, tantissime le soddisfazioni, poi quando ti arrivava il “bene, brava”… parafrasando una frase celebre… Oso dire che la “televisione logora chi non ce l’ha!” Io le sono riconoscente. Mi ha dato prestigio, notorietà, visibilità. E nel nostro campo non è poco… Anzi direi fondamentale! Tanti bravissimi artisti sono rimasti sconosciuti per mancanza di visibilità. 

A tuo avviso i Concorsi di danza aiutano gli allievi nella loro crescita professionale?

Se i Concorsi sono onesti e non pilotati, sicuramente sono un buon trampolino… ma il mondo del lavoro è un’altra cosa, conosco ballerini che vincono Concorsi a go-go ma poi non lavorano… sono due mondi separati. 

Quali sono i ricordi che custodisci maggiormente legati alle trasmissioni o agli eventi di cui hai curato la parte danzata?

L’aver diretto Mia Molinari in tanti lavori fatti insieme. In Tv ma anche in eventi e commercials. Lei ha rappresentato per me il perfetto connubio tra danza, ballerina e coreografa… Ci sentiamo ancora, ancora cerco la sua qualità, energia, talento nelle giovani di adesso. 

Puoi descriverci le tue esperienze all’estero e quali differenze hai trovato con l’ambiente italiano?

All’estero sono tutti più “semplici” e diretti… se piaci e vali lavori, altrimenti no! Mi colpì una frase a New York che lessi in un’Agenzia: si accettano raccomandazioni, purché bravi! Nel senso, segnalateci i talenti… purtroppo in Italia non sempre è così. Spero che il merito alla fine vinca! Lo spero per le nuove generazioni. 

Come è la tua giornata tipo presso la tua scuola, la S.P.I.D. Dance Academy?

Una meravigliosa corsa che inizia al mattino e finisce la sera… Una corsa a ritmo di musica, danza, sconforti, paure, speranze, richieste, aspettative, soddisfazioni, che mi ruotano intorno e che io con premurosa pazienza devo guidare, risolvere, ascoltare… quando mi assento dalla Spid per lavori fuori, al mio ritorno vedo gli occhi dei miei allievi smarriti, capisco allora che per loro sono importante e, almeno negli anni di formazione, mi vogliono come guida sicura al loro fianco. La sera, al ritorno a casa, il mio pensiero va ancora a loro… 

Quali altre passioni coltivi oltre alla danza?

Mi piace scrivere, soprattutto le poesie e dipingere, amo anche la fotografia. 

Hai tempo di andare a vedere spettacoli di danza e cosa prediligi assistere a teatro?

Vorrei avere più tempo, comunque sì, vado a teatro. Apprezzo ogni genere di spettacolo, il musical, la prosa, il Balletto classico di repertorio… la differenza la fanno il cast, la regia ecc. Se uno spettacolo è fatto bene con artisti validi è sempre un piacere assistervi. 

C’è un artista con il quale hai lavorato che ti ha colpito maggiormente, che ha fatto la differenza?

Come dicevo prima, Mia Molinari, in assoluto! 

Qual è la conformazione fisica ideale per chi si accosta alla danza in modo professionale alla danza? E le maggiori difficoltà (non solo fisiche ma anche psicologiche)?

La danza necessita di un fisico appropriato, con predisposizione all’en dehors, la schiena dritta, gli appoggi del piede corretti, collo del piede, predisposizione alla flessibilità ecc… Ciò nonostante in questi ultimi anni assistiamo a un cambiamento radicale anche nei canoni estetici della danza (fatta eccezione per il balletto classico) la danza contemporanea, la Street dance, la ricerca del Performer, fanno sì che anche fisici “imperfetti” possano riuscire a realizzarsi professionalmente. Grazie a doti come grinta, energia, versatilità, personalità, talento artistico puro… Insomma il fisico passa in secondo piano per molte discipline. Psicologicamente: determinazione, costanza, volontà ferrea quasi eroica, autostima ma con umiltà, motivazione! Non conoscere parole come: sono stanco, demotivato, insicuro… E oggi i giovani hanno bisogno per la maggior parte di imparare a ritrovare quella forza e spinta interiore che avevano le passate generazioni. 

Un sogno per il futuro legato alla danza?

Che torni a splendere come in passato, e che ci siano maggiori opportunità di lavoro per i meritevoli (ma questo per quanto riguarda tutti i campi in Italia). 

Cosa ne pensi dei talent televisivi?

Alle scuole hanno fatto un gran bene… Non so fino a che punto possono servire come trampolino di lancio per un artista… amo molto “So You Think You Can Dance”, il talent americano. 

Parlaci della tua scuola di danza Open Dance Center, un punto fermo nella formazione accademica italiana?

Svolgiamo il nostro lavoro con impegno, passione, voglia di crescere e far crescere i nostri allievi, cerchiamo di essere sempre al passo con i tempi offrendo programmi di studio aggiornati e in continua evoluzione e ci avvaliamo di collaborazioni di docenti qualificati, alcuni di fama, altri meno noti ma ugualmente validissimi. La componente umana per me è fondamentale, siamo esseri umani non macchine, amo la disciplina se accompagnata da attenzione, ascolto, pazienza e desiderio autentico di “crescere i ragazzi”. Il docente di fama che si autocelebra continuamente non mi interessa…

Oltre ad essere una coreografa di grande successo sei sempre impegnata nell’inserimento di allievi meritevoli nel mondo del lavoro? Molti sono diventati degli ottimi professionisti?

Assolutamente sì! I numeri parlano… Molti allievi della Spid oggi ricoprono posizioni importanti in musical, teatro, televisione… ma alcuni li troviamo a loro volta come docenti in altre accademie.

Che progetti hai in serbo?

Due Gala di danza, con la Spid dance Company! Ci tengo in modo particolare. Portare loro, gli allievi della Spid, a muovere i primi passi fuori… verso la professione!

Che cosa ti aspetti dal futuro?

Vivo con il motto Carpe Diem! Qui e ora… è sempre stato così, il mio futuro è già quello che sto facendo adesso.

Cosa rappresenta per te la danza? Qual è l’essenza che la rende così vitale?

 

Un Amore folle, imprevedibile, che servo come suddito fedele. Mi definisco così, un’umile operaia al sevizio della Danza! Non mi interessa il protagonismo… Lascio vivere magicamente il mio mondo della Danza lavorando con semplicità, onestà e rigore. Ogni successo raggiunto da chi mi è intorno mi fa sorridere l’anima e il cuore! Mi basta questo per essere felice…

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