Oggi, nel 1928, nasceva Erik Bruhn, modello di perfezione in ogni suo passo

di Sabrina Ronchetti
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Elegante, altero, tecnicamente fortissimo, questi i tratti distintivi di Erik Bruhn, nome d’arte di Belton Evers, danzatore danese, nato a Copenaghen nel 1928, entrato nella scuola del Balletto Reale Danese nel 1937 a nove anni, e dopo i regolari dieci anni di corso, ammesso nella compagnia e promosso a solista pochi anni dopo.

Bruhn, artista irrequieto e desideroso di molteplici esperienze, prese frequenti pause sabbatiche dalla compagnia danese nell’arco di tutta la sua vita di danzatore, la prima delle quali nel 1947 quando abbandonò la Danimarca per danzare per sei mesi nel “Metropolitan Ballet”, una compagnia inglese che ebbe una vita molto limitata, ma che gli servì per formare il primo importante sodalizio con una partner di fama internazionale, la bulgara Sonia Arova.

Tornato nel 1949 al Balletto Danese, fu promosso solista, ma, dopo poco, prese nuovamente il volo stavolta per gli Stati Uniti, dove si fermerà ben nove anni per danzare nell’American Ballet, anche se, di fatto, la sua compagnia di base era sempre il Balletto Reale Danese.

Ma il punto di svolta nella sua carriera si ebbe nel 1955, quando venne chiamato a danzare Albrecht in un matinée di “Giselle” con la compagnia del Ballet Thatre di New York, a fianco di Alicia Markova, 20 anni più vecchia di lui, dopo solo tre giorni di prove.

La sua esibizione colpì a tal punto il pubblico e la critica, che il giornalista John Martin che scriveva per il New York Times, definì quella una giornata storica per la danza di tutti i tempi.

I dieci anni che seguirono questo debutto, furono costellati da enormi successi e soddisfazioni: danzò in tutti i più grandi teatri del mondo, New York City Ballet, Joffrey Ballet, National Ballet of Canada, Opera di Parigi, Royal Ballet di Londra creando solide partnership con nomi importantissimi della danza dell’epoca come  Cynthia Gregory, Carla Fracci, Natalia Makarova, Nadia Nerina, Allegra Kent..

Formalmente lascia il Balletto Reale Danese nel 1961,quando era internazionalmente noto, anche se continuò a danzare come guest della compagnia.

Le sue interpretazioni furono sempre ricche di eleganza, di grazia e di solido virtuosismo tecnico, suoi cavalli di battaglia furono: “La Sylphide”, “Giselle”, “Romeo e Giulietta” nella versione di Ashton, “Lago dei Cigni”, ma anche in ruoli meno classici come in “Carmen” e in “Miss Julie”,ripresi anche dalla televisione Americana, Bruhn si distinse per la qualità dell’interpretazione.

Al Balletto di Stoccarda, il grande coreografo John Cranko creò per lui “Daphnis e Chloe” ruolo che Bruhn amò tantissimo e considerò sempre il più calzante mai creato negli anni per lui.

Ritiratosi dai ruoli principali nel 1972, Erik Bruhn, si dedicò all’interpretazione di ruoli  di carattere come Coppelius, Drosselmeyer, ma ebbe anche l’onore di essere nominato direttore di due grandi compagnie: del Balletto Reale Svedese dal 1967 al 1973 e del Balletto Nazionale del Canada dal 1983 fino al 1986, anno della sua morte.

In verità gli fu offerta negli anni, per ben due volte, anche la direzione della sua compagnia di origine, il Balletto Reale Danese,  ma per due volte rifiutò.

Erik Bruhn fu anche un superbo insegnante, generoso e dedito al suo ruolo profondamente, per la volontà che ebbe di trasmettere l’importanza della purezza del movimento e della completa identificazione del ballerino nel personaggio che era chiamato ad interpretare, sempre con controllo perché, secondo lui: ”Senza il controllo, ci si perde completamente, e quando ci si perde, non si  può comunicare veramente”.

Alla sua morte, la giornalista Anna Kisselgoff scrisse sul New York Times: “Erik Bruhn, modello di perfezione in ogni suo passo, ballerino dalla tecnica virtuosa, dal gesto nobile ed elegante, danzatore completo, lascia un esempio morale a tutto il mondo della danza per la serietà e la dedizione totale alla sua arte”.

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