Chansons… Bolero! Un percorso di ricerca musicale in crescendo

di Miki Olivieri
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Il celebre lavoro di Adriana Mortelliti “Chansons”, attenta coreografa e costumista formatasi presso lo Spid di Milano, è nato nel 2012 e da sempre ha riscosso notevoli ed entusiasti successi in tutti i teatri italiani. Recentemente ho avuto il piacere di rivederlo, in una nuova versione, all’Idroscalo di Milano nell’ambito della rassegna estiva “spettacoli ai Chiari di Luna”. La scelta stilistica è di quelle che conquistano immediatamente il pubblico, anche quello più esigente, perché unisce l’indiscussa qualità dei solisti e del corpo di danza del “Balletto di Milano” diretto dal maestro Carlo Pesta e da Agnese Omodei Salé, alle più celebri e belle canzoni d’amore francesi di tutti i tempi. Lo spettacolo, privo di una trama, trova terreno fertile nell’ingegno della Mortelliti, la quale costruisce un puzzle di quadri coreografici indipendenti e slegati tra loro lasciando come unico filo d’unione le voci e le melodie delle canzoni, donando totale libertà alla fantasia mediante un viaggio nei sentimenti. Le danze parlano d’amore e di amicizia ma anche di indifferenza, una sorta di spartito sulle passioni universali, il tutto attraversato da un movimento dalle armoniose linee pulite e fluide immerse in un’atmosfera gioiosa e giocosa, la quale tocca le corde dell’emotività. Una coreografia moderna che nasce da una lunghissima tradizione di danze che si perdono nell’antichità; in questi tempi assai lontani, il presente sviluppa, con gli anni, la stimolante ed eccezionale storia del balletto.

Nella seconda parte troviamo “Il Bolero”, nella versione originale il balletto è ambientato in una taverna spagnola, dove si esibisce una gitana ballando su un tavolo. Attorno a lei si aggirano gli avventori del locale, che, provocati dalla sensualità della ballerina, danzano con lei, in crescente eccitazione, fino ad essere travolti dall’ebbrezza della contesa. Una danza popolare spagnola fra le più affascinanti. Ravel compose il Bolero per Ida Rubinstein nel 1928 e tutto si gioca sulla caratteristica ripetitività della partitura, con progressive entrate degli strumenti sino al finale dall’inatteso crescendo. Un brano musicale che ha stimolato in più di sessant’anni la fantasia e la creatività di molti coreografi; e nella versione del “Balletto di Milano” i movimenti sono vigorosi, non privi di un senso di fragilità e risvolti ironici, sgranando così gli accadimenti della vita, prima che si inneschi una grande danza collettiva sul ritmo ossessivo del Bolero, metafora di forza vitale, seduzione, fascino e morte. è una danza dall’azione molto moderata e costantemente uniforme, tanto per la melodia e l’armonia che per il ritmo. Il solo elemento di diversificazione è costituito dal crescendo dell’orchestra.

L’ensemble del Balletto di Milano ancora una volta ha scaturito emozioni dimostrando di essere un corpo di ballo rigoroso, pulito, preciso e musicale. Due balletti “Chansons e Bolero” ottimamente eseguiti, l’immagine che si crea nel complesso è semplice e conturbante. Tutti i solisti ben calati nei loro ruoli con un nobile portamento e con significative interpretazioni. Particolarmente luminosa e ricca di sfumature la prima ballerina Giulia Paris, bel viso dal sorriso seducente con un’andatura sinuosa ed espressiva. Una grande nota di merito al lavoro di squadra di tutti i componenti del “Balletto di Milano”, ricco di virtuosismi molto apprezzati dal festoso pubblico. Una scuola in grande salute e grande rigore fino a tutta la sequenza dei saluti finali sulle note trascinanti di Stromae.

Si esce arricchiti dall’Idroscalo, da queste danze di grandi passioni, perché assistere a tali balletti ci immerge in un mondo di raffinata arte coreutica.

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