La Golden Age dell’operetta: in viaggio con Lehar ed Elena D’Angelo

di Elena D'Angelo
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Franz Lehár, il cui nome di battesimo era Ferencz, in versione magiara, nacque il 30 aprile 1870 a Komarom, nella parte ungherese dell’Impero Austro-Ungarico.

I genitori, il padre Ferencz e la madre Neubrandt Cristina, che avevano notato in lui uno spiccato talento musicale, lo iscrissero al Conservatorio di Praga dove conseguì il diploma in violino. Neodiplomato, dapprima fece l’assistente nella banda militare musicale del 50° reggimento di fanteria diretta dal padre e nel 1890 fu nominato direttore della banda militare del 25° reggimento di fanteria a Losoncz. Tra il 1894 e il 1896 fu impegnato nella vita militare prima a Pola e poi a Trieste dove compose la sua prima opera, Kukuschka ed alcuni brani per banda.

Successivamente si trasferì a Vienna dove l’enorme successo del suo Valzer “Oro e Argento” gli spalancò le porte della celebrità. Il 1902 fu un anno di grande fortuna per Lehar che diventò direttore del Theater an der Wien e raccolse il suo primo successo come compositore di operette con Donne Viennesi. Dopo poco tempo lasciò la direzione del teatro e si dedicò completamente alla composizione. Il 30 dicembre 1905 al Theater an der Wien fu rappresentata per la prima volta La Vedova Allegra, che lo immortalò per sempre nell’Olimpo dei compositori di operette. Molte furono le sue operette tra le quali ricordiamo: Il Conte di Lussemburgo (1909), dove ufficialmente debutta e si impone la coppia soubrette-comico che affianca quella soprano-tenore, Amore di Zingaro (1910), rappresentata per la prima volta al teatro Sociale di Como, Eva (1911), La Moglie Ideale (1913), Finalmente Soli (1914), L’Astrologo (1916) che, pur non riscuotendo un eccessivo successo, abilmente rimaneggiata da Carlo Lombardo e con l’aggiunta di qualche brano, diventerà La Danza delle Libellule, un’operetta a tutti gli effetti italiana “alla Lombardo”, che furoreggerà in Europa, opportunamente tradotta in tutte le lingue (1922), Dove Canta l’Allodola (1918), La Mazurka Blu (1920), Frasquita (1922), su un soggetto che aveva già stuzzicato anche la fantasia di Puccini che stimò sempre il Lehar, un eccellente orchestratore, La Giacca Gialla (1923), anche questa abilmente rimaneggiata dall’autore stesso, diverrà alla fine degli anni ’20, Il Paese del Sorriso, con uno strepitoso Richard Tauber come primo interprete,  Cloclo (1924), e qui per stare al passo coi tempi, Lehar inserisce una rutilante java, Paganini (1925), dedicata al grande compositore italiano, un altro successo di Tauber, con un notevole assolo di violino degno del grande musicista genovese, Gigolette (1926), su libretto di Carlo Lombardo che purtroppo non raggiunse la notorietà de La Danza delle Libellule, ma rimase proverbiale il ben riuscito duetto comico de La Vera Boheme, interpretato per la prima volta dalla irraggiungibile Nella Regini, lo Zarevich (1927), Federica (1928), ispirata alla vita di Goethe, Il Mondo è Bello (1930), Giuditta, (1934), che fu l’ultimo suo lavoro e non ebbe affatto fortuna, tanto è vero che pare avesse portato quasi al fallimento la casa editrice dello stesso autore.

I maligni ebbero a dire che la fortuna di Lehar iniziò con una donna, Anna Glavary, e terminò con una donna, Giuditta. Di quest’ultima operetta è comunque bene ricordare la bellissima romanza-valse della protagonista. Oltre alle operette, compose numerosi valzer, sonate, poemi sinfonici, danze, marce e persino colonne sonore per film. Diventò una delle persone più facoltose di Vienna e fondò la casa musicale Glocken Verlag, alla quale si dedicò completamente dal 1934, lasciando perfino la composizione. Dopo la morte della moglie nel 1947 e ormai gravemente ammalato, morì quasi cieco nel’48 a Bad Ischl. Fortunatamente di lui ci restano preziosissime testimonianze discografiche, in veste di direttore delle sue opere, dalla fine degli anni ’20 alla metà degli anni ’40.

Elena D’Angelo

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