Il 29 gennaio del ’32, Ranzato mette in scena al Politeama Nazionale di Firenze, Re Salsiccia, commedia musicale in tre atti su libretto di Guido Bucciolini. Un lavoro composto da tredici numeri musicali che vanno da La Danza del Boccale alla Serenata del Prosciutto, all’Inno della Pasta Asciutta. È risaputo che il Ranzato era un notevole buongustaio ed un ottimo cuoco: famoso, tra gli amici, il suo risotto alla milanese, che usava mantecare con quantità di burro e formaggio esagerate, ma che davano risultati ineguagliabili. Tra i brani di Re Salsiccia è doveroso segnalare anche il quartetto Cos’è l’Amore.
Torna a collaborare col Lombardo ed il Ravasio e mette in scena Prigioni di Lusso al teatro Odeon di Milano. È il 26 marzo e l’operetta, l’ultima dell’accoppiata Ranzato-Lombardo, ottiene buone accoglienze. Anche di questo lavoro non si sono reperite tracce, neppure negli archivi della casa musicale Lombardo; si segnalano solo due numeri musicali: il duetto comico Ma Guarda che Ciel, eseguito dalla soubrette Miss Kiss col comico Al Gallo e coro, ed Il Te’ delle Cinque, affidato alla coppia Lucetta e Valentino.
Nello stesso anno la sua fama torna a varcare i confini nazionali con il brano Les Mots d’Amour su testo di Varna e Fournier, scritto per la più grande vedette di Francia, l’indimenticabile Joséphine Baker. Il brano venne inserito nella Super Revue presente au Casino de Paris, La joie de Paris, nello sketch L’Oiseau des Iles e inciso su disco dalla Columbia.
Continua intanto a scrivere su testo di Carlo Ravasio, una grande opera in tre atti, Campane di Guerra, ambientata durante la Grande guerra. L’opera va in scena al Puccini di Milano il 19 aprile 1933 e tiene cartellone per sei recite, fino al 7 maggio. Al Teatro Municipale di Alessandria si allestisce la sera del 24 febbraio 1936 la prima di A Te Voglio Tornar, un lavoro che, a dispetto del titolo apparentemente sentimentale, narra l’amore per la patria lontana di una compagnia di attori-cantanti emigrati in America e che sognano di poter tornare (e lo faranno!) nella loro amatissima Italia. Il lavoro del Ranzato e del librettista, Giovanni Maria Sala, è molto attuale: si parla di Lega delle nazioni e di sanzioni (l’Italia è impegnata nella guerra d’Africa), danzano e cantano le onde della radio, altrettanto fanno fanciulle arabe mentre il Muezin invita alla preghiera, non manca un accenno alla televisione, mentre l’Italia canta: “Son sola e mi son contro cinquanta della lega, ma in piedi sono e resto: l’Italia non si piega”. Lo spettacolo è definito, nella prima stesura che ha per titolo La Compagnia del Rataplan, come “teleradiofilms musicale in due tempi”. Ventidue numeri musical, con l’aggiunta di Se quel Guerrier io Fossi, parodia lirico-comica, e il bellissimo intermezzo-trio che sarà noto anche col titolo Quando un Violino Parla ad un Violoncello. Tra gli altri merita di essere ricordata la Serenata Jazz, affidata ad un sestetto di cantanti che si scatenano a ritmo di cucaraça, imitando onomatopeicamente gli strumenti della Jazz band. Due parole sull’orchestrazione: mancando la partitura, dobbiamo rifarci alle parti staccate, da cui si evince che lontana è ormai la grande formazione orchestrale de Il Paese dei Campanelli. Il complesso di esecutori, pur sempre cospicuo, sarà tipico degli spettacoli di rivista.
Intanto Ranzato lavora ad un’altra operetta, Valentina, tratta dalla commedia del Cenzato, Ho Perduto Mio Marito, ma dopo avere composto alcuni numeri (nove, per la precisione, scrive il figlio Attilio in un appunto) restituisce il copione all’autore che ne farà, in quello stesso 1936, una riduzione cinematografica. L’anno finisce in bellezza per il Ranzato che compone e mette in scena al Teatro degli Arcimboldi di Milano il 7 dicembre, la fiaba musicale per bambini, Bricioletta, su testo della scrittrice Mary Tibaldi-Chiesa.
L’ultima fatica compositiva è un’altra operetta, anche questa quasi una favola, su testo dei due autori Nizza e Morbelli, assurti a glorie nazionali grazie al successo delle due serie radiofoniche I Quattro Moschettieri. La Bella Magalona è la storia della maledizione che colpisce un mulino che non potrà più macinare grano fino a che la bella figlia del mugnaio non si innamorerà. La musica è come sempre ispirata e degna del suo autore, che ne termina la stesura per canto e pianoforte a Milano il 3 febbraio 1937. Subito si accinge all’orchestrazione, che purtroppo sarà interrotta al numero 5, per la improvvisa scomparsa del Maestro. L’operetta non verrà mai rappresentata e neppure terminata la trascrizione per orchestra, nonostante l’interessamento della signora Lucilla e del figlio Attilio. Il Maestro, già da tempo sofferente per il diabete, si sente male nella villa di Milano in via Ravizza la notte tra il 15 ed il 16 aprile.
“Desideroso di affidarsi alle amichevoli cure del medico di Moltrasio, aveva, nella giornata di sabato [giorno 17 aprile n.d.a.] , raggiunto da solo per ferrovia Como e quindi in battello la sua villa: Il medico, subito accorso, constatava che le buone condizioni del Maestro erano solo apparenti ed ordinava subito al paziente di porsi a letto. Nella giornata di domenica lo stato del Ranzato peggiorava sempre più, finché nella notte incominciava il delirio. A mezzo della Croce Rossa e per consiglio del medico l’ammalato veniva trasportato al nostro Ospedale, dove quei sanitari prodigarono tutte le cure del caso, ma, purtroppo, queste a nulla sono valse. Il Maestro Ranzato, che aveva 54 anni, lascia la moglie ed il figlio Attilio, noto violoncellista, che attualmente si trova ad Istambul.(dall’articolo pubblicato su “Il popolo d’Italia” 20 aprile1937 a firma a.t.). Virgilio Ranzato si spegne alle 16.20 del 19 aprile.
Elena D’Angelo