È andata recentemente in scena al Carlo Felice di Genova, l’opera Adriana Lecouvreur di Francesco Cilea, per la prima volta nell’attuale teatro riaperto nel 1991. Si tratta di un titolo che sin dalla prima rappresentazione assoluta al Teatro Lirico di Milano nel 1902, non ha mai smesso di avere successo. La trama è basata sulle vicende amorose tra Adriana e Maurizio di Sassonia fino alla morte di lei, per avvelenamento.
Il regista Ivan Stefanutti ha optato per un’ambientazione Belle époque passando quindi dal Settecento in cui visse realmente l’attrice Adrienne Lecouvreur al primo Novecento, quando visse Cilea. Anche la danza, di conseguenza, è quella dell’epoca e riguarda inevitabilmente i Ballets Russes di Sergej Djagilev, compagnia rivoluzionaria che riunì i più grandi artisti di allora. Nel III atto, l’omaggio a Nijinskij è perfettamente leggibile e pieno di poesia. Ce ne parla meglio il coreografo Michele Cosentino:
“Quando il regista Ivan Stefanutti mi chiamò per parlarmi della sua Adriana Lecouvreur e mi disse in che periodo storico l’aveva ambientata , non ho potuto non pensare al grande Nijinsky. Rimasi sorpreso quando aggiunse che era proprio quello che lui avrebbe voluto per la danza del terzo atto aggiungendo che avrebbe preferito due donne invece di tre, come nel Giudizio di Paride, per rimanere nella stessa linea dell’opera in cui le due cantanti principali si contendono lo stesso uomo. In effetti credo che la coreografia nell’opera lirica non debba essere un momento di balletto a sé stante ma debba ben integrarsi con lo spettacolo. Ogni danzatore deve interpretare un ruolo. Da lì l’idea di fare un omaggio a Nijinsky per la figura del fauno. I passi e le movenze pretese da Nijinsky erano del tutto estranee al repertorio dei ballerini coinvolti, che hanno dovuto danzare con la testa e le gambe di profilo rispetto alla sala, rivolgendo verso questa solamente il corpo e le braccia.. La rottura con il classico, con il tecnicismo, con la leggerezza dei passi a cui i ballerini erano abituati fino ad allora appare molto forte, Per quanto riguarda le due donne mi sono ispirato alle grandi dive degli anni Venti mettendo in movimento le tipiche pose assunte a quell’epoca grazie all’aiuto della lettura registica del maestro Stefanutti e alla meravigliosa musica di Cilea.”
Vaslav Nijinskj, chiamato il ballerino di Dio, visse tra il 1889 e il 1950 e nonostante la sua vita piena di sofferenza, conclusasi negli ospedali psichiatrici, è conosciuto, ricordato e amato ancora oggi come uno dei danzatori più grandi di sempre!
La produzione è stata dedicata al soprano Mirella Freni, scomparsa pochi giorni fa e straordinaria interprete del title role.
CAST
Direttore d’Orchestra Valerio Galli
Regia, scene e costumi Ivan Stefanutti
Coreografie Michele Cosentino
Luci Paolo Mazzon
Adriana Lecouvreur Barbara Frittoli /Amarilli Nizza/Valentina Boi
Maurizio di Sassonia Marcelo Álvarez /Fabio Armiliato/Gianluca Terranova
La principessa di Bouillon Judit Kutasi/Giuseppina Piunti
Michonnet Devid Cecconi /Alberto Mastromarino
Il principe di Bouillon Federico Benetti
L’abate di Chazeuil Didier Pieri
Mademoiselle Jouvenot Marta Calcaterra
Mademoiselle Dangeville Carlotta Vichi
Quinault John Paul Huckle
Poisson Blagoj Nacoski
Un maggiordomo Claudio Isoardi
Danzatori Michele Albano, Ottavia Ancetti, Giancarla Malusardi
Allestimento dell’Associazione Lirica Concertistica Italiana (As.Li.Co.)
Orchestra e Coro del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro, Francesco Aliberti
Crediti fotografici: Marcello Orselli; Tomaso Matta.