Onegin di John Cranko al Teatro alla Scala. Cinque cast da rivedere e da scoprire

Oltre alle stars Marianela Nuñez e Roberto Bolle danzeranno i Primi Ballerini del teatro

by Nives Canetti
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Rivedere Onegin di Tchaikovsky – Cranko – Puškin sui palcoscenici italiani è sempre emozionante perché rappresenta la migliore espressione del balletto narrativo della seconda metà del Novecento. Ora è spesso in cartellone alla Scala ma abbiamo dovuto aspettare tanti anni per poterlo vedere in Italia. Ai tempi non veniva concesso da Stoccarda con la stessa frequenza di oggi. Dovettero passare quasi 30 anni dalla prima rappresentazione del 1965, prima che la Fracci e Scala riuscissero a portarlo in Italia nel 1993.

Per noi che ai tempi vivevamo di Maratona di Danza e di foto sulle riviste, l’arrivo di Onegin alla Scala era stato un evento imperdibile.  Ma già nel 1978 un piccolo assaggio era stato portato durante la stagione del Bicentenario scaligero al Teatro Manzoni, dove in una splendida serata dedicata ai grandi passi a due, dal nulla sbucò davanti agli occhi dei milanesi per la prima volta in Italia il passo a due del terzo atto di Onegin ballato da Joyce Cuoco e Jurij Vamos.  L’effetto di quel finale struggente e combattuto, pur estrapolato dalla storia, fu folgorante e Cranko divenne per sempre il mio coreografo preferito.

Un’osservazione personale: rileggendo vari passi del romanzo in versi di Puškin, splendido per il tratteggio così vivo e sincero dei personaggi, ho sempre pensato che Cranko sia stato un po’ ingeneroso nei confronti della figura di Onegin, oppure che le varie interpretazioni maschili che si sono susseguite nel tempo non abbiano sempre colto appieno l’anima del personaggio.

Onegin per Puškin è un dandy annoiato, che dopo aver fatto una vita dissoluta a San Pietroburgo si ritrova di fronte alla semplicità della vita di campagna e alla purezza di Tatiana. Puškin scrive chiaramente che Onegin è turbato all’arrivo della lettera di Tatiana e che “forse l’antico fervore dei sentimenti per un istante lo possedette; ma egli non voleva ingannare la fiducia di un’anima innocente”. Tatiana lo intenerisce anche se non riesce a salvarlo dal suo cinismo, e Onegin nel libro non la tratta con durezza strappandole la sua lettera in faccia come nel secondo atto del balletto. Semplicemente le dice che se avesse intenzione di sposarsi non ci sarebbe persona migliore di lei, ma che lui ormai è troppo disincantato cinico e annoiato per pensare alla felicità e che il matrimonio non è per lui. È sincero con Tatiana in quel momento, salvo poi ricredersi negli anni successivi quando capirà che la vita è passata inutilmente e tornare a Tatiana è l’unico modo per salvarsi. In fondo Onegin è vittima di sè stesso e della licenziosità della vita di San Pietroburgo.

Ovviamente per esigenze di sintesi e di drammaturgia Cranko ha optato per una rappresentazione più immediata. Ma proprio per questo la chiave interpretativa psicologica nel balletto è fondamentale da parte del protagonista per mantenere l’equilibrio del personaggio, che, se in quel gesto di strappare la lettera di Tatiana appare odioso e plateale, deve riuscire in realtà a raccontare una storia diversa fatta anche di tenerezza e di delicatezza. È questo che va cercato negli Onegin che si vedono in scena, non certo sbadigli e sbuffamenti senza senso. L’Onegin di Heinz Clauss del 1976 va un po’ in questa direzione, e personalmente mi sarebbe piaciuto vedere alla Scala le sfumature interpretative di Massimo Murru, del quale purtroppo ho perso le sole due recite nel 2010.

Ma “Onegin” non è solo la storia di un uomo, è la vicenda umana della relazione fra quattro personaggi Onegin Tatiana Olga e Lenski, raccontati e recitati danzando molti passi a due e meno assoli. E la grandezza di Cranko sta anche nell’essere riuscito ad inserire nella drammaturgia le danze del corpo di ballo che raccontano tre ambienti completamente diversi nei tre atti: la Russia contadina del primo, la borghesia di campagna del secondo e infine l’aristocrazia di San Pietroburgo nel terzo. Del resto la capacità di dare un ruolo attivo mai noioso alle masse in scena è una caratteristica che rende questo coreografo un genio.

Ciò detto, rivedremo “Onegin” presto alla Scala a partire dal 14 settembre e, al cast di étoiles con la favolosa Marianela Nuñez e Roberto Bolle in quattro serate, si alterneranno quattro cast di casa per cui c’è molta curiosità. Nicoletta Manni torna al ruolo dopo un percorso di maturazione artistica che ci fa incuriosire sull’evoluzione della sua Tatiana. Poi tre debutti per dare ancora luce al futuro: Martina Arduino, Alice Mariani e Vittoria Valerio attese tutte e tre per una prova decisamente ardua ma affascinante. Onegin saranno Timofej Andrijashenko e Nicola del Freo, al loro debutto nel ruolo, Marco Agostino e Gabriele Corrado. Grande attesa per rivedere il Lenski di Claudio Coviello, uno dei più struggenti, poetici e di tecnica brillante del panorama internazionale.

Sempre più chiara l’intenzione di Legris di dare una chance a tutti per accrescere il livello artistico della compagnia. Il difficile sarà scegliere chi andare a vedere.

Non resta che farsi trascinare da Puškin, da Cranko e dal fascino dandy di Onegin in uno spettacolo di balletto dalla tensione narrativa sempre alta ed emozionante.

Per date e cast

https://www.teatroallascala.org/it/stagione/2021-2022/balletto/onegin.html

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