“Onegin” di John Cranko al Teatro alla Scala ovvero dialogare danzando

Splendida Marianela Nuñez con Roberto Bolle e quattro fantastiche coppie scaligere

di Nives Canetti
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Fin dalle prime volte in cui vidi Onegin e i principali “dance drama” della seconda metà del Novecento, ho sempre pensato che esista una regola ferrea nel balletto drammatico ovvero “Less is more”. Là dove la coreografia parla, la musica parla, il gesto parla, non c’è bisogno di trovare espedienti drammatici aggiuntivi per narrare in scena questi balletti. È la vera difficoltà nell’interpretare “Onegin”, riuscire a renderlo reale e credibile senza cadere nella tentazione di eccessi inutili che hanno il solo effetto di renderlo falso. Alla Scala questa regola è stata rispettata, se non forse in qualche raro caso e nelle pantomime del secondo atto che rischiano talvolta di risultare un po’ esagerate. Del resto “Onegin” è a tutti gli effetti un cavallo di battaglia della compagnia.

E ora qui di seguito, gli highlights di questa ripresa dal punto di vista di un’appassionata spettatrice dopo grandi scambi di opinioni nel foyer.

Marianela Nuñez, ormai di casa alla Scala e beniamina del pubblico di Milano, è una Tatjana unica per legato magistrale, ha un controllo sconcertante, e ha raggiunto alti livelli di interpretazione. È molto vera in scena, tranne qualche momento di overacting che peraltro, da stella qual è, si può tranquillamente permettere. Meravigliosa nel passo a due con Gremin (Gabriele Corrado) dove riesce a rendere l’eleganza formale e interiore di Tatjana sposata, creando il climax che serve a sottolineare il contrasto della battaglia interiore del passo a due finale con Onegin. Roberto Bolle è per lei un partner affidabile e applauditissimo, recita Onegin da par suo e mostra affiatamento anche nell’interpretazione.

Nicoletta Manni è molto maturata e più sicura rispetto alle ultime riprese e ha dato alla sua Tatjana un carattere chiaro fin dal primo atto che si evolve da sognante ragazzina di campagna a nobildonna di San Pietroburgo. Bellissimo l’assolo del secondo atto in cui esprime tutta la sua insicurezza nei confronti di Onegin. La partnership con Marco Agostino è solida e rodata.

Claudio Coviello ha ormai reso suo il personaggio di Lenskij dandogli spessore con un lirismo che permea qualsiasi suo movimento in scena (magistrale anche solo nel camminare rientrando nelle quinte) e un carattere credibile mostrando la rabbia crescente che monta contro Onegin nel secondo atto. Assolo del secondo atto commovente. Credo abbia raggiunto l’apice di questa interpretazione.

Il passo a due del sogno nel primo atto di Alice Mariani e Gabriele Corrado è stato perfetto. Ballato in grande sintonia fra i due e pieno di slancio come vuole la coreografia di Cranko. La Mariani è una ballerina solida, sicura e il suo è stato un debutto senza incertezze. Gabriele Corrado conosce bene Onegin. Ottimo il suo assolo del primo atto e la sua espressione nel secondo quando riprende i guanti per andarsene per poi cambiare idea e decidere di fare il guastafeste con Lenskij, è impagabile.

Nella Tatjana di Vittoria Valerio si ritrovano dei tratti del passato che si erano un po’ persi. Quella forza che sta nel piccolo gesto, in uno sguardo, nel modo di dialogare attraverso la danza: se la Montanari ricordava la Fracci, la Valerio riporta in qualche modo al fascino delle interpretazioni di Haydée. Tutto il suo Onegin è stato struggente grazie anche al dialogo e alla sintonia che si sono creati con Nicola Del Freo, Onegin preciso fin dal primo assolo e dal perfetto physique du rôle (più adatto che in Lenskij), annoiato, scocciato ma non crudele. Una coppia insolita ma molto affiatata, pienamente aderente ai personaggi e di grandissima resa drammatica. Per chi scrive, il più sincero passo a due finale del terzo atto. Peccato solo una recita (come per le altre coppie che debuttavano) e solo in una serata riservata giovani e anziani.

Olga: un po’ coquette e tecnicamente luminosa Martina Arduino, che è poi stata una quarta Tatjana molto applaudita insieme a Timofej Andrijashenko (ma che non ho purtroppo visto), dolce e ingenua Agnese Di Clemente, vivacissima e di grande verve Alessandra Vassallo, e infine bella da vedere la più giovane Caterina Bianchi.

Fantastico il corpo di ballo che ha fatto da cornice alle vicende dei vari cast: soprattutto nella danza russa del primo atto sono stati precisi e brillanti. E quei due passaggi terribili di diagonali di jeté del primo atto fanno sempre stare col fiato sospeso. Così come il brio del secondo atto e la polacca del terzo che chiama l’applauso a scena aperta. Sempre più brillante la compagnia sotto la guida dei Maître e di Manuel Legris.

Sulla direzione orchestrale del maestro Korobov non entro in merito, ma ho la netta sensazione che avrebbe potuto essere molto meglio. Che bello sarebbe avere sempre Kevin Rhodes a dirigere l’orchestra nei balletti. (per inciso, a chi ha voglia consiglio di ascoltare la suite di Francesca da Rimini di Tchaikovsky, ovvero la musica del passo a due finale, diretta da Petrenko, è una rivelazione)

Bello anche vedere le reazioni del pubblico giovane, preso dall’emozione di questa storia senza tempo e che si immedesima nei personaggi di Puškin attraverso la coreografia di Cranko. Insomma “Onegin” alla Scala è appena finito ma già ci si augura che ritorni presto.

Foto di Arduino e Andrijashenko: ©marco pissarello

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