Dal 21 al 27 ottobre 2022, sul palcoscenico del Costanzi è tornata in scena Giselle con le musiche di Adolphe Adam e la coreografia di Carla Fracci, firmata proprio all’Opera di Roma nel 2004, e per questa occasione ripresa da Julio Bocca e Gillian Whittingham, con il corpo di ballo del Teatro della capitale diretto da Eleonora Abbagnato.
La prima di Giselle con le coreografie di Jean Coralli e Jules Perrot va in scena nel 1841. In quegli anni in cui l’urbanizzazione e l’industrializzazione crescono smisuratamente devastando la società e la natura, Théophile Gautier, anche consapevole delle disuguaglianze sociali della sua Francia, inventa un Eden pastorale, ovvero una foresta ambientata nella Germania medievale. Nel libretto dello scrittore francese, che si ispira anche al romanzo di Heinrich Heine, De l’Allemagne, c’è un idea atavica preistorica che risale a un epoca in cui gli esseri umani sono in armonia con la natura.
Nel XIX secolo il pubblico è consapevole dei cambiamenti in atto e per questo si connette in modo quasi viscerale con Giselle. Nella realtà contemporanea, dove si parla ancora di relazioni ecologiche tra il mondo naturale e noi stessi, il pubblico odierno può connettersi al balletto attraverso le sue preoccupazioni contemporanee e raggiungere quello stato di armonia con la natura tanto auspicato. Se dal libretto di Giselle togliessimo la storia d’amore rimarrebbero i rapporti di utilità tra persone di grande potere e privilegio in relazione a persone povere e impotenti. Una storia di ingiustizia e separazione che propone le stesse strutture di potere di oggi.
Nel XIX secolo la follia per cui Giselle muore viene definita Isteria dalla nascente scienza della psichiatria. Il nome del disturbo mentale, che deriva dalla parola greca hysteron, ovvero utero, esplicita la chiara intenzione di relegare la malattia esclusivamente al genere femminile. Il pubblico odierno non ha molta familiarità con la follia, ma l’isteria è ovviamente anche un chiaro pregiudizio a danno delle donne e con le discriminazioni di genere noi abbiamo confidenza.
Giselle è un balletto che a quasi 200 anni di distanza dalla nascita dimostra ancora un’eloquenza sconvolgente. Pertanto, dobbiamo soltanto recarci a teatro, riconoscere oltre i leitmotiv musicali e il tulle dei tutù cosa ancora questo balletto ha da raccontare. Se Winckelmann sostiene che ciò che contraddistingue i Classici sia l’inesauribilità, Giselle è sicuramento un gran Classico della nostra contemporaneità, capace di persuadere e ricordare a noi spettatori che tutto ciò che accade nel presente è connesso con la disuguaglianza, causa a sua volta di altri problemi ambientali ed ecologici.