Per #storiedidanza Giada Feraudo racconta “L’uccello di fuoco”

di Giada Feraudo
5,2K views

Balletto in un atto e due scene
Musica di Igor Stravinskij
Coreografia di Mikhail Fokine
Prima rappresentazione: Opéra di Parigi, per i Ballets Russes de Diaghilev, 25 giugno 1910
Interpreti: Tamara Karsavina, Mikhail Fokine, Vera Fokina, Alexei Bulgakov

Tratto da un’antica fiaba russa, questo balletto segnò l’inizio della lunga e straordinaria collaborazione di Igor Stravinskij con Sergei Diaghilev.
Fu il primo grande balletto del musicista russo, seguito di lì a poco da Petruška nel 1911 e da La sagra della primavera nel 1913, anch’essi commissionati da Diaghilev. L’opera è dedicata a Andrej Nikolajevič Rimskij-Korsakov.

Diaghilev aveva intuito molto presto lo straordinario talento del giovane Stravinskij e gli affidò inizialmente l’orchestrazione di due brani di Chopin per Les Sylphides, balletto che intendeva mettere in scena nel 1909. Poco dopo l’impresario pensò di realizzare un nuovo balletto, L’uccello di fuoco, per la stagione dei Balletti Russi del 1910. Inizialmente diede l’incarico a Ljadov, che era stato suo professore di armonia, ma questi non si dimostrò all’altezza del compito e Djagilev allora parlò del lavoro a Stravinskij. Il musicista iniziò subito a pensare al balletto, prima ancora di avere l’incarico ufficiale, ed iniziò a scrivere nel mese di novembre, mentre era in vacanza.

La genesi dell’Uccello di fuoco è narrata da Stravinskij con le seguenti parole:

          «Già avevo cominciato a pensare all’argomento dell’Uccello di fuoco durante il mio viaggio di ritorno a San Pietroburgo da Ustilug nell’autunno del 1909, prima ancora d’aver ricevuto l’incarico ufficiale di Diaghilev: questi infatti mi telefonò in dicembre, chiedendomi di dar inizio subito alla composizione. Ed io gli risposi che già da un mese ne stavo scrivendo la musica. Di per sé, come soggetto, l’Uccello di fuoco non mi attirava granché. E questa ne era la ragione: al pari di tutte le vicende legate ad una destinazione ballettistica, v’era la necessità di un genere di musica descrittiva che allora non avevo intenzione di scrivere perché non ero tanto sicuro dei miei mezzi creativi e non mi ritenevo in grado di criticare apertamente le teorie estetiche dei miei collaboratori. Nondimeno, decisi di farmi valere […] Diaghilev risolse ogni problema il giorno che venne a trovarmi insieme al coreografo Fokine, al ballerino Nijinskij, agli scenografi Bakst e Benois; e quando tutti assieme, tutti e cinque, proclamarono formalmente la loro fiducia nel mio talento, allora, solo allora, credetti in me stesso e accettai».

L’opera fu terminata nel marzo 1910 e nel mese successivo il compositore si dedicò all’orchestrazione.
Stravinskij era notevolmente emozionato e lusingato dal fatto che il suo balletto venisse rappresentato a Parigi. Le sue aspettative, però, furono presto deluse quando vide che non tutto si svolgeva come egli avrebbe desiderato. Il direttore Pierné teneva poco conto delle sue annotazioni sulla partitura e molte scene di mimica danzata erano brutali perché così le voleva Fokine. La sera della prima, con i Balletti Russi per la prima volta all’Opéra, il nuovo balletto si annunciava l’appuntamento di punta della stagione. Stravinskij sedeva nel palco di Djagilev dove vi era un susseguirsi di celebrità: il musicista conobbe così Marcel Proust, Jean Giraudoux, Paul Claudel e Sarah Bernhardt.
La prima parte della rappresentazione fu quasi uno spettacolo da circo. Djagilev aveva deciso di far entrare in scena dei cavalli neri per farli sfilare a tempo di musica, ma quando i poveri animali si spaventarono e si impennarono, lasciando anche escrementi sul palcoscenico, il pubblico scoppiò in fragorose risate. L’infelice idea venne accantonata nelle repliche successive.
Oltre che coreografo, Fokine fu anche l’interprete del Principe Ivan, con Tamara Karsavina nel ruolo dell’Uccello di fuoco (inizialmente la parte era stata offerta ad Anna Pavlova, che rifiutò in quanto ritenne la musica insulsa; la scelta cadde quindi su Tamara Karsavina) e Enrico Cecchetti nel personaggio di Kašej.
La serata fu un grande successo: «La première fu scintillante e ne conservo un ricordo memorabile. Ero nel palco di Diaghilev e, alla fine del balletto, fui chiamato diverse volte alla ribalta. Stavo ancora inchinandomi agli applausi del pubblico quando mi cadde in testa il sipario: Diaghilev corse ad aiutarmi e accanto a lui notai un signore dalla bella fronte spaziosa che mi rivolse la parola, presentandosi. Il suo nome era Claude Debussy. Ebbe espressioni gentili per la mia musica e m’invitò a cenare con lui». Fu l’inizio di una cordiale amicizia che durò fino alla morte del compositore francese.

La coreografia di Fokine aveva rivisitato fortemente lo stile del balletto di stampo ottocentesco, introducendo nuovi passi ed elementi folclorici; egli cercava inoltre una forte interazione fra musica e danza, essendo contrario al relegare la funzione della musica a semplice accompagnamento.
Stravinskij però ritenne la coreografia troppo complicata e sovraccarica al punto che i ballerini avevano difficoltà nel coordinare i movimenti con la musica, anche se il risultato fu comunque notevole.

Il balletto fu riproposto, nella medesima forma, dal Balletti russi di Djagilev nel 1926, e poi nel 1954 a Edimburgo con Margot Fonteyn e Frederick Ashton protagonisti. George Balanchine realizzò un’importante produzione nel 1949 con il New York City Ballet, con le scene di Marc Chagall . Lo stesso balletto fu riallestito successivamente in collaborazione con Jerome Robbins nel 1970 al New York State Theater. Sempre del 1970 è una versione di John Neumeier col Balletto di Francoforte e Maurice Béjart, nello stesso anno, ne creò una con il Ballet du XXe siècle a Parigi.
Il coreografo italiano Fredy Franzutti presentò la sua versione nel 2010 per il Balletto del Sud, nella quale il ruolo del mago Kašej era interpretato da Lindsay Kemp.

L’Uccello di fuoco, oltre che una pietra miliare nella storia del balletto per il suo grande valore musicale, fu un’opera fondamentale per Stravinskij.

          «Ho da aggiungere, in proposito, ancora un ricordo: l’Uccello di fuoco ha svolto un ruolo fondamentale nella mia carriera di direttore d’orchestra, perché proprio a questa musica è legato il mio debutto come direttore: fu nel 1915, a Parigi, quando condussi l’esecuzione dell’intero balletto per una manifestazione a beneficio della Croce Rossa. Da allora sino al 1962, data di questo mio ricordo, l’ho diretto non meno di un migliaio di volte».

La trama

Ispirata a un’antica fiaba russa, la storia narra lo scontro fra un mago di nome Kašej, simbolo del male, e l’Uccello di Fuoco che rappresenta la forza del bene.

Una notte Il principe Ivan Tsarevich, inseguendo un magico uccello di fuoco, capita per caso in un bellissimo giardino dove crescono alberi dai frutti d’oro; il giardino è incantato e appartiene a Kašej, un mago malvagio che pietrifica gli uomini e imprigiona le donne. Ivan si avvicina alla creatura dal piumaggio rosso e oro, l’Uccello di fuoco, e riesce a catturarlo. L’uccello chiede al principe di concedergli la libertà; in cambio gli dona una delle sue penne, che ha il potere di proteggere dai malefici di Kašej, e gli promette di volare in suo aiuto in caso di bisogno. Ascoltando le sue suppliche, Ivan lo libera.
Poco dopo dal castello di Kašej escono tredici bellissime fanciulle, prigioniere del mago, che si avvicinano all’albero dalle mele d’oro. Mentre giocano e ridono fra loro al chiaro di luna, appare il principe Ivan. In un primo momento le ragazze s’intimoriscono ma poi capiscono che egli non vuole far loro del male e gli svelano di essere in realtà delle principesse, imprigionate dal mostro Kašej. Le fanciulle devono far ritorno al castello prima del sorgere dell’alba ma mettono in guardia il principe: il mago malvagio trasforma in statue di pietra tutti coloro che si introducono nel suo giardino tentando di liberare le sue prigioniere. Impavido, Ivan non si volta indietro nemmeno quando, al suono di un allarme, una piccola schiera di mostri, servitori del mago, lo cattura. Kašej lancia il suo incantesimo, ma la penna d’oro, che il principe sventola davanti al mago, richiama l’Uccello di fuoco, il quale trascina i malvagi in una danza infernale, annientandoli. L’Uccello rivela al principe il segreto dell’immortalità  di Kašej: per uccidere il mostro è necessario distruggere lo scrigno-uovo in cui la sua anima è racchiusa. Il principe Ivan lo rompe, provocando così la morte del mago e la fine dell’incantesimo.
La storia si conclude con il matrimonio fra Ivan e Zarievna, la più bella delle principesse prigioniere, con la quale viene portato in trionfo.

Foto: Corrado Maria Falsini

Articoli Correlati

Lascia un Commento