“Dal mio punto di vista, il tango è, prima di tutto, ritmo, nervo, forza e carattere. Il tango delle origini, quello della vecchia guardia, aveva tutte queste caratteristiche, e noi dobbiamo cercare di non perderle mai. Da quando le abbiamo perse, alcuni anni fa, il tango argentino è entrato in crisi. Modestia a parte, ho fatto tutto il possibile per far in modo che ritornasse in auge!”
Sono queste le parole di uno dei personaggi cardine della storia del tango argentino: Juan D’Arienzo!
Musicista (violinista), autore e soprattutto direttore d’orchestra, nasce da immigrati italiani nel 1900 e nei suoi 76 anni di vita compone, arrangia e dirige centinaia di brani che ancora oggi fanno letteralmente correre i ballerini di tango a riempire la pista della milonga. Ancora oggi i piedi dei tangueri, se pur stanchi e doloranti dopo una nottata di ballo, non resistono al ritmo energico e vigoroso di questo straordinario artista e sono sempre pronti a scendere in pista e a tornare a ballare.
Tornare a ballare. Questo il segreto di Juan D’Arienzo.
Tornare, Volver, è uno dei leit motiv di Finché c’è tango c’è vita, poiché é uno dei temi fondamentali del tango e della vita stessa.
Tornare assume diverse sfumature: alcune tinte sono legate alla nostalgia, altre sono invece connotate da rinnovata energia. Tornare ha sempre in sé il legame alle proprie Radici, in spagnolo Raices, dalle quali amiamo allontanarci, ma amiamo anche tornare perché se le perdiamo definitivamente, perdiamo la nostra essenza e il nostro senso.
Nel tornare però bisogna tenere in considerazione il fattore “tempo” che comunque inevitabilmente trascorre: ecco quindi che il tratto nostalgico e il tratto di rinnovamento danzano insieme, ballano il loro tango con una camminata di avanzamento e una camminata di allontanamento indissolubilmente unite.
D’Arienzo ha fatto questo!
È tornato alle radici del tango, diluite se non perse negli anni ’30 per una sorta di rallentamento nel ritmo della musica che aveva lasciato grande spazio ai cantanti dell’epoca e poco alla parte strumentale, all’orchestra e quindi al ballare.
Partendo dalle orchestre dei così detti anni d’oro del tango, D’Arienzo ritorna alla musica in 2/4, al dos per cuatro, al ritmo della pulsazione naturale del nostro cuore che caratterizzava la musica della Vecchia Guardia, di cui parleremo la prossima volta.
Ritorna all’incalzante ritmo originario del tango che a volte lascia il fiato corto, raffinandone però il tratto e il gusto, arricchendolo di arrangiamenti moderni, strumentali, di pause e di rincorse, togliendo tutto ciò che era prevedibile all’ascolto e aggiungendo la sorpresa nell’esecuzione.
La sorpresa, ecco D’Arienzo ancora oggi sa sorprendere: bisogna essere dei ballerini molto preparati per ballare D’Arienzo, sia dal punto di vista tecnico, sia soprattutto dal punto di vista dell’ascolto; bisogna avere ascoltato i suoi pezzi un numero infinito di volte per riuscire a entrare nella sua dinamica e a non cadere nei “tranelli”, negli scherzi di ritmo che creano una forma di competizione con se stessi e inevitabilmente con le altre coppie danzanti.
Forse anche D’Arienzo voleva competere con i grandi nomi del tango venuti prima di lui e forse anche con quelli che dopo di lui sono arrivati.
E così ha lasciato il segno e ancora oggi i ballerini con lui segnano e marcano il tempo della musica e il tempo delle loro notti danzanti.
Un tempo musicale che è fatto di vado e torno, di arresto e riprendo, accelero, rallento e stó! Di passi che si fanno leggeri, quasi silenziosi come gli assoli degli strumenti, e che si trasformano poi in passi marcatamente marcati che ti fanno avvertire di avere le tue gambe come moltiplicate che ballano assieme, così come è l’insieme corale degli strumenti della sua orchestra quando riprendono a suonare all’unisono.
La sua orchestra: Juan D’Arienzo ha creato una grande orchestra perché per lui suonare musica era suonare con tanti strumenti: “La base della mia orchestra è il piano. Lo credo irrimpiazzabile. Quando il mio pianista si ammala, io lo rimpiazzo… Se capita qualcosa anche a lui non ho soluzione. Quindi il quarto violino diventa un elemento vitale. Deve suonare come una viola o un violoncello. Io formo il mio gruppo con il piano, il contrabbasso, cinque violini, cinque bandoneones e tre cantanti. Mai meno elementi. Mi è capitato in alcune registrazioni di impiegare fino a dieci violini.”
Poiché la genialità di un artista si riconosce ed è confermata proprio nel tempo, da una decina di anni esiste una nuova e rinnovata Juan D’Arienzo Orchestra che è una delle orchestre tipiche argentine più amate e richieste al mondo composta almeno da 10 strumenti.
Ho scelto per voi due video, uno del 1936 e uno del 2015, sul tema Loca uno dei tanghi di D’Arienzo che io amo di più forse perché in esso c’è un po’ di pazzia, come cita il titolo, una energica e ritmata pazzia!
Tutto passa per lo più, chi lascia il segno resta, resta nel tempo nonostante il cambiamento del tempo!
Orchestra D’Arienzo ieri:
https://g.co/kgs/vE2k0g
Orchestra D’Arienzo oggi:
https://www.youtube.com/watch?v=qdRXB1_5rVE&sns=em
E come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!
Un abbraccio!