Romeo e Giulietta di John Neumeier con Hamburg Ballet incanta la platea al Teatro la Fenice

di Nives Canetti
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Dal 15 al 19 gennaio Hamburg Ballet è ritornato al Teatro La Fenice, appuntamento di elezione della compagnia, con lo splendido Romeo e Giulietta di John Neumeier, mai rappresentato a Venezia e raramente in Italia, nel 1996 a Genova e nel 2006 a Cagliari con Silvia Azzoni e Massimo Murru protagonisti. Occasione quindi da non perdere vista l’eccezionalità dell’evento e l’originalità della lettura del dramma dei ragazzi veronesi da parte di Neumeier.

Coreografato nel 1971 per il Frankfurt Ballet e poi acquisito dall’Hamburg Ballet, il Romeo e Giulietta di Neumeier arriva come quarta lettura dopo l’originale di Leonid Lavrovskij (1940), le due versioni di John Cranko (1958 e 1962) e quella di Kenneth MacMillan (a onor del vero  anche Frederick Ashton lo coreografò nel 1955 e Birgit Cullberg nel 1967). Ognuno di questi tre grandi coreografi del ‘900 ha individuato una sua chiave di lettura rispetto alla danza narrativa che racconta più attraverso il gesto danzante che tramite la pantomima: Lavrovskij per primo ha approcciato il balletto su musica di Sergej Prokofiev in Russia aprendo la strada al balletto d’azione, Cranko ha creato un vero dramma incentrando la storia sulla relazione tra i due amanti e sulle scene di gruppo nella Verona medievale, MacMillan ha sviluppato soprattutto la figura di Giulietta e la sua maturazione nel corso della storia, oltre che comporre alcuni fra i più bei passi a due della storia della danza.

Neumeier dal canto suo si è concentrato profondamente sull’analisi psicologica dei personaggi di William Shakespeare su cui poi ha costruito la coreografia, che quindi ha caratteristiche principalmente di totale realismo più che di linguaggio accademico.

Basti pensare alla presentazione del personaggio di Giulietta che nella sua prima scena gioca appena uscita dalla vasca da bagno, vestita del solo telo, incontenibile nei suoi tredici anni. Praticamente non sa neanche ballare, corre salta e si atteggia non certo come una ballerina ma appunto come una tredicenne incosciente, tenera e anche un po’ goffa. Quando incontrerà Romeo imparerà con lui a ballare e ad esprimersi attraverso le mani, le mani dei due che si sfiorano nella vita e nella morte, da vicino e da lontano, che restano tema e gesto centrale in tutto il balletto, così lontane dalle mani rigide e composte delle danze dei Capuleti.

Romeo è un ragazzo innamorato di Rosalina bellissima, che però sparisce completamente ai suoi occhi davanti all’innocenza di Giulietta. Durante il passo a due del balcone, Romeo fa il pazzo con ruote e giri per mostrare tutta la sua esuberanza e il suo amore a Giulietta, che felicissima gli batte le mani dal balcone, salendo e scendendo le scale del balcone due volte per salutarlo. Sono due ragazzini, vitalità allo stato puro. Splendido il passo a due della camera da letto dove entrambi raggiungono una certa maturità e in cui la coreografia riflette la presa di coscienza del dramma. Ed entrambi nell’epilogo smetteranno di ballare perché l’amore, che è il motore della loro danza, è sopraffatto dalla morte.

Sono scene vive, reali mai ingabbiate in uno stereotipo, emozioni portate agli estremi attraverso la danza perché come dice lo stesso Neumeier:

Se si riflette in modo razionale sulla trama, la storia sembra quasi assurda. È concepibile solo con persone molto giovani che prendono decisioni in modo rapido e spontaneo, persone per le quali l’amore letteralmente esplode!

Anche gli altri personaggi sono caratterizzati in modo molto umano e vicino, lontani dai cliché: il padre è estremamente tenero con Giulietta nella scena con Paride, Tebaldo è un bullo che uccide per sbaglio Mercuzio e non perché è il cattivo per antonomasia, Frate Lorenzo è un amico di Romeo non il classico fratone con la barba finta, la nutrice è ben delineata nella sua dicotomia tra assecondare Giulietta e ubbidire ai genitori  Capuleti.

I cast riflettono questa necessità di realismo e infatti le due coppie principali che si sono alternate sul palcoscenico veneziano sono entrambe giovanissime. Azul Ardizzone, la Giulietta del primo cast, è addirittura ancora all’ottavo corso della Scuola dell’Hamburg Ballet e non ha ancora 18 anni. Molto viscerale, in certi momenti forse anche troppo, riflette esattamente quella irresistibile impulsività della gioventù. Accanto aveva uno splendido Louis Musin, Romeo davvero brillante, vivace, appassionato e tragico, con un sorriso accattivante, tecnicamente smagliante e molto musicale.

L’altra Giulietta, Ana Torrequebrada, solista della compagnia al suo debutto nel ruolo, è riuscita a tratteggiare molto efficacemente tutte le sfumature del carattere di Giulietta con una freschezza interpretativa davvero rara. Con Emiliano Torres al suo fianco, Romeo forse un po’ meno esuberante ma molto bello, hanno reso una performance di alto livello.

Un grande Mercuzio è quello di Alessandro Frola: da quando entra in scena vestito da morte in una premonitirice danza macabra di piazza allegra e scanzonata, nelle danze con Benvolio e Romeo, negli scherzi con le ragazze, negli sfottò a Tebaldo, fino alla sua morte a cui non crede nessuno. Gli occhi di Frola hanno un brio in scena che è solo suo. Molto bene anche il Mercuzio più elegante dell’altro cast Matias Oberlin.

Diverse fra loro le due Dame Capuleti, molto rigorosa e tagliente quella di Anna Laudère, traditrice del marito con Tebaldo e totalmente lontana dalla tragedia della figlia, mentre è forse più vicina al personaggio ventisettenne della tragedia la madama Capuleti di Ida Praetorius, più morbida nei lineamenti e con richiami al Masaccio nella scena della morte di Tebaldo. Molto dark e dinamica la famosissima danza dei cuscini dei nobili Capuleti, ballata in punta dalle dame. Di grande carattere il Tebaldo di Artem Prokopchuk. 

Una menzione al Benvolio brillante di Francesco Cortese e agli due scaligeri in corpo di ballo Daniele Bonelli e Bruno Garibaldi, neodiplomato.

Di grande effetto le soluzioni sceniche di Jürgen Rose che prevedono cambi di scena a vista articolati e stilizzati: la cattedrale, dove Romeo e Giulietta si sposano, che si compone svelando prima il suo esterno e poi il suo interno è un colpo di teatro. Anche la soluzione del portico sottostante al balcone garantisce efficacemente più piani di lettura per tutto quello che avviene in scena. Una nota per i veronesi doc: la colonna con San Zeno che ride a lato della piazza è un omaggio a Verona così puntuale e apprezzato, che le si può perdonare di certo l’assenza del pesce appeso al pastorale della statua.

Grande successo per questo Romeo e Giulietta: uno spettacolo attualissimo che lascia gli occhi pieni di meraviglia e il cuore pieno di emozioni. È originale, diverso da quello a cui siamo più abituati, molto cinematografico, raccontato in modo reale e diretto, ricco di particolari che tengono incollati alla scena.

Sarebbe così bello se questi capolavori potessero essere visibili più spesso anche in Italia: perchè, a parte il caso delle fondazioni lirico sinfoniche che hanno un corpo di ballo stabile, vediamo sempre meno allestimenti che sono di per sè un’opera d’arte, che sono cioè la dimostrazione della completezza dell’arte del balletto in quanto un tutt’uno di danza, scenografia, musica, drammaturgia, mentre vediamo sempre più gala in cui la spettacolarizzazione dell’esibizione per quanto di altissimo livello temo resti un po’ fine a se stessa.

Photo @Kiran West

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