Experimental Film Virginia (EFV) è un festival con sede a Cape Charles, Virginia, che si occupa di residenze artistiche, organizzazione di performances live e di distribuzione e produzione di performances video.
And Still She Gives è un cortometraggio diretto e coreografato da Roberta Ferrara nel quale i danzatori della compagnia Equilibrio Dinamico, accompagnati dalle note della musica composta da Eran Sabo, esplorano il complesso rapporto tra l’uomo e la natura, dando voce a quest’ultima.
All’interno di un edificio in rovina e invaso dalla vegetazione, Uomo e Natura si affrontano lasciando emergere in tutta la loro intensità gli irrisolvibili contrasti che da sempre contraddistinguono il loro legame: ‹‹A cosa serve una casa se non si ha un pianeta tollerabile su cui costruirla?››, è intorno a questa domanda che il lavoro di Roberta Ferrara si dispiega, poiché per quanto ciascun individuo si sforzi di avere una propria casa in cui sentirsi protetto, è nella natura che ogni “nostra” costruzione poggia le proprie fondamenta.
Al rigoroso e delicato movimento della prima danzatrice subentrano, pochi istanti dopo, segnali di disturbo che sembrano minacciare quell’apparente armonia, preannunciando una condizione di instabilità che, travolgendo anche lo spettatore, lo spinge ad interrogarsi sul proprio posto nel mondo. L’irruente dinamicità con la quale gli altri ballerini compaiono sulla scena accentua la sensazione di una rottura di equilibrio e la difficoltà di gestire qualcosa da cui si finisce per essere sopraffatti e sfiniti, proprio come una delle danzatrici del filmato che, esausta, cade a terra.
Ciononostante, è in quella stessa Natura, ora fragile ed effimera, ora eterna ed imponente, che tutto sembra trovare ugualmente la forza di ricominciare: anche nelle condizioni più avverse, è sufficiente alzare lo sguardo al cielo per ricordarsi della bellezza che la Natura che ci sta intorno riesce ancora a donarci.
Link al video “And still she gives”, per gentile concessione di EFV
(Elisabetta Sacripanti e Silvia Santagati)
Il film del regista David Darg, Samuel Wyatt’s ghost, con la musica di Watermark High e danzato da Emmanuel Malette, unico performer previsto dalla produzione per indagare l’identità di Samuel Wyatt, indaga sulla questione dell’identità razziale prendendo ispirazione da una storia vera.
L’interprete fa rivivere determinate situazioni ed episodi della vita di questo personaggio, proprio come un fantasma. Un fantasma che ritorna sui suoi passi, sulle sue scelte, sui suoi percorsi … tutti condizionati dal “colore” della pelle. Infatti tra le inquadrature strette e ravvicinate che aumentano la percezione di uno spazio limitato, nel montaggio sono inseriti vecchi ritratti e documenti in cui sono ben visibili parole come “colored” su fogli di giornale dell’epoca. È in questo modo, dunque, e con la continua e frenetica ripetizione di alcuni movimenti di cui possiamo cogliere un’angoscia persecutoria, che il pubblico viene coinvolto e invitato a fare una riflessione profonda sulla discriminazione razziale; un problema che ha visto tristi risvolti nel ‘900, ma un argomento ancora attuale, purtroppo, come un secolo fa.
All’interno dello sfondo musicale sono inseriti dei suoni caratterizzanti che ci coinvolgono nelle memorie del personaggio, anche grazie alla ricerca intorno al movimento quotidiano reso incalzante dalla sua continua ripetizione. Gli spazi esterni sono iconici e rimandano ai temi dell’identità: la casa, la strada e il treno coi suoi binari per riproporre le immagini legate al viaggio e alla migrazione.
La camera ci conduce dal buio dei ricordi degli interni, in cui l’unica luce soffusa è data da una vecchia lampada, allo spazio aperto, illuminato naturalmente, in una rapida ma intensa impressione dell’interiorità e dell’identità di un uomo. Un uomo la cui esistenza è stata sempre perseguitata e condannata dall’essere semplicemente quello che era.
Link al video “Samuel Wyatt’s ghost”, per gentile concessione di EFV
(Nicole Faraone, Shahrzad M.)