Pur trattandosi di una rubrica dedicata alla danza contemporanea non potevamo trascurare un genere che ha cambiato il modus operandi di tantissimi coreografi della scena contemporanea: Il Teatrodanza.
La danza fu per secoli un susseguirsi di movimenti del corpo ritmati e modellati su una musica con un fine spesso o in parte solo estetico, nel teatro invece, attraverso gli attori, in uno spazio scenico, davanti ad un pubblico, con gesti e parole, si raccontava una storia più o meno importante.
L’idea di mettere insieme queste due discipline nacque nel 1700 in Francia con le prime sperimentazioni di teatro di danza . Ma cos’è un “teatro di danza”? Cercheremo di dare una risposta analizzandone le origini.
Personaggio chiave fu Jean-Georges Noverre, danzatore e coreografo francese che nel XVIII secolo esercitò sulla danza una straordinaria influenza riformatrice, trasformandola da una semplice successione di scene ad un’unica rappresentazione “drammaturgica”, trovò non poche difficoltà nel diffondere nei teatri francesi, dove il tempo sembrava si fosse fermato, la sua poetica, sicuramente molto innovativa per il suo tempo. Nel 1760 a Lione pubblica le “Lettres sur la danse”, testo che incontrò sostenitori ma anche molti oppositori. Due principi sono fondamentali nel pensiero di Noverre: il primo è che il balletto doveva essere Balletto d’Azione, doveva dipingere cioè un’azione drammatica; il secondo è che la danza doveva essere naturale ed espressiva, seguire cioè il modello della Pantomima.
Noverre mise sotto accusa l’uso delle maschere, la foggia dei costumi, la tecnica, la formazione del danzatore e del maitre de ballet; nello stesso tempo egli definì il suo stile e le regole per la composizione del balletto, professando l’unione di tutte le arti che devono fondersi per la realizzazione dell’opera di danza.
Al centro della rivoluzione noverriana c’è il concetto di espressione e lo stesso concetto è al centro della rivoluzione del XX secolo. Per gesto espressivo Noverre intendeva il gesto pantomimico, lo riteneva il gesto adatto al teatro e alla danza, era ovviamente ancora molto lontano dal concepire il gesto come naturale e quotidiano. Il gesto per Noverre era descrittivo. Il segno importante che ci ha lasciato è la necessità che si danzi per esprimere e che questa espressione sia mirata allo sconvolgimento emotivo dello spettatore. Ha inizio la ricerca della credibilità, una credibilità che nasce dal corpo.
L’azione in danza diventa così l’arte di trasportare le passioni nell’animo dello spettatore attraverso l’espressione che nasce quando l’anima e il corpo del danzatore sono in perfetta corrispondenza.
Successivamente, tra il 1880 e il 1900 in America, ogni scuola d’arte vantava l’utilizzo della tecnica pedagogica di Delsarte, il cui sistema espressivo formò il gusto estetico in fatto di espressione vocale e gestuale, questa tecnica prevedeva che dovesse essere imposto l’accordo di ogni moto espressivo esteriore al sentimento interiore ad esso connesso.
Le fortune della danza nel primo Novecento costituirono un fenomeno per certi aspetti eclatante. I riformatori del teatro di danza di quegli anni furono: Rudolf Laban (secondo cui la danza deve mirare a influenzare l’intero teatro del suo tempo), Mary Wigman (secondo cui il danzatore occupa un posto centrale nella battaglia del teatro), Kurt Jooss (secondo cui l’arte della danza può rinascere all’insegna del “teatro silenzioso”) e Schlemmer (secondo cui la danza è destinata a ritornare il punto zero di ogni rinascita del teatro).
Rudolf Laban fu il primo a vedere il teatro come specchio della vita quotidiana. Concetto tramandato alla sua discepola Mary Wigman che fondò un metodo basato sulla forza primaria della respirazione: tensione e distensione.
Kurt Jooss si dichiarò contrario alla ripetizione di forme esteriori e di tecniche del passato, in favore di una danza focalizzata sulle emozioni, definita “danza espressionista”. Sua allieva e maggiore esponente del reale, e forse unico, Tanztheater fu la grande Pina Bausch, regina indiscussa del teatrodanza tedesco e non solo. A lei sarà dedicato il nostro prossimo appuntamento.