Negli ultimi anni vivo una stagione di grandi cambiamenti personali, che riguardano diversi aspetti dell’esistenza, anche profondi. In pratica mi trovo nel bel mezzo di quella selva oscura di cui parlava il sommo Poeta Dante Alighieri. L’età potrebbe essere una delle ragioni di questa esigenza di trasformazione, un momento maturo per bilanci e nuovi progetti, guardando alla vita da un diverso punto di vista.
Uno degli effetti di questa trasformazione, sul quotidiano, è stata la progressiva caduta del monopolio della danza come principale interesse, è come se si fosse ritirata in uno spazio più discreto per lasciare posto al nuovo che arriva: nuovi studi, nuova formazione, nuovi concetti, che comunque hanno contribuito a rendere la mia visione sul corpo e sul movimento molto più ampia. Insomma, anche la danza ha capito che la condivisione aiuta a crescere meglio, e che l’egemonia monarchica a volte provoca arroganza e solitudine.
In virtù, e non a causa, di questa primavera intellettuale, sento spesso vacillare le mie certezze e la mia sicurezza, e questo mi piace molto, poiché in fondo sono consapevole di non essere una che ama appoggiarsi ad un sapere immobile e immutabile. Il tempo in cui non riuscivo a stare neanche due giorni senza prendere lezione di danza ha lasciato il posto a estati in cui mi godo ogni momento del mio tempo libero leggendo, studiando, praticando yoga, senza che la danza quasi neanche emerga tra pensieri. Questa cosa ogni tanto mi sorprende e mi preoccupa, così faccio un piccolo sforzo per ricordarmi chi sono, centrandomi nuovamente nel mio ruolo di insegnante di danza, che può diventare un lavoro difficile da fare in questa condizione, dal momento che mi viene richiesto di avere delle informazioni di considerevole stabilità da diffondere a chi ha bisogno di risposte.
Tra qualche giorno ricomincerò la mia attività, ritroverò i miei allievi, i volti conosciuti, ma anche nuove persone con cui cominciare a costruire un cammino. Ogni Settembre mi sento insicura e sovrastata dall’idea di dover affrontare un nuovo lungo periodo di lavoro, chiamata ad essere sempre pronta e all’altezza delle aspettative. Mi sembra di non farcela, a vedermelo lì tutto disteso, questo calendario infinito di passi di danza, temo che le incertezze siano troppe e che le nuove competenze apprese non abbiano avuto tempo sufficiente per sedimentarsi al punto da poter essere trasmesse. Negli anni ho imparato a accettare e gestire questo mio lato vagamente paranoico, perché ho compreso che si tratta solo del mio ego, messo sotto torchio dalla paura di non riuscire a soddisfare le aspettative degli altri. Allora tiro un respiro profondo e faccio qualche passo indietro, lasciando che la danza sgorghi liberamente dal mio corpo e dalla mia creatività. Esiste una memoria antica di tutto questo bagaglio in me, praticamente impossibile da cancellare, quindi faccio del mio corpo un foglio di carta pulita e lascio che le linee e i segni solchino estemporaneamente la grana di cellulosa. Gli allievi sono un sostegno formidabile in queste delicate fasi dell’inizio, una presenza essenziale per motivare i movimenti e i gesti del mio essere insegnante. Sono proprio loro ad ispirare concetti e idee, argomenti da trattare, contenuti e il modo stesso di trasmetterli.
In effetti la cosa che mi rende leggera e gioiosa nell’affrontare questo difficilissimo mestiere, verso il quale nutro un timore reverenziale, è che di fronte alla danza siamo sempre un po’ tutti principianti, o comunque è così che bisognerebbe porsi per progredire nella comprensione. Ogni possibile concetto sul movimento danzato, anche quelli relativi alle questioni tecniche di base, che spesso si danno per scontati, può essere periodicamente ripreso, scandagliato, analizzato, e anche confutato, se alla fine del processo si è giunti ad una conclusione più convincente di quella che si aveva precedentemente.
Ecco, ancora una volta, che mi ritrovo a scendere dal piedistallo laccato dell’insegnante, per portarmi sullo stesso piano degli allievi, luogo in cui sicuramente mi sento più a mio agio, perché per me la lezione è un momento di condivisione e di indagine collettiva, che può funzionare solo se anche l’insegnante si pone con l’atteggiamento puro del principiante.
L’estate aiuta moltissimo in questo senso, perché il periodo che intercorre tra una stagione di studio e l’altra è un tempo fondamentale per gestire tutte le informazioni accumulate nei mesi, metabolizzare quelle che abbiamo compreso a livello esperienziale, e liberarsi di quelle a cui non abbiamo ancora avuto accesso, perché non erano giuste per noi o forse perché non è ancora il momento giusto per contattarle. Il corpo compie da solo questa operazione, nel modo più naturale possibile, e quando ci metteremo alla sbarra, nella prima lezione dell’anno, potremo fruire del suo lavoro, ce lo troveremo già pronto.
La morale di tutto questo è che, sebbene la danza non sia più il vertice unico delle mie passioni, nutro ancora una notevole fiducia nei suoi confronti e in quello che abbiamo costruito nella nostra ormai lunga vita insieme. Quello che farò, come ogni anno, sarà lasciare il fiume libero di scorrere, senza troppe preoccupazioni, con la certezza che il suo percorso lo porterà comunque, infine, a gettarsi nel mare.
Buon inizio a tutti i colleghi, che possa essere un bellissimo anno, nella luce e nella gioia di danzare!