Un anno senza Carla…

di Francesco Borelli
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Il 20 agosto del 1936 a Milano nasce Carla Fracci, colei che sarebbe diventata stella del firmamento della danza italiana. Figlia di un tranviere, varca le porte della Scuola di Ballo del Teatro alla Scala a 10 anni; come spesso accade, il fato si intromette e la piccola Carla entra all’accademia su suggerimento di un amico di famiglia, professore d’orchestra del prestigioso teatro milanese, che consiglia ai suoi genitori di iscriverla.

L’esito della prova d’ammissione è deciso dalla allora Direttrice Ettorina Mazzucchelli, colpita dalla dolcezza del suo viso, nonostante la giovane Carla appaia debole e troppo esile agli occhi degli altri esaminatori.

Così ha inizio il lungo percorso di studio, inizialmente vissuto come una costrizione; il teatro e la scuola sono come una prigione per la piccola Fracci. Deve attendere i suoi dodici anni e l’occasione di avere una parte da comparsa ne La Bella Addormentata per abbracciare in pieno il suo destino di danzatrice; in scena Carla è come folgorata dalla splendida Aurora Margot Fonteyn, e da allora lo studio, il sacrificio e la disciplina diventano compagni di vita per raggiungere l’eccellenza.

Lavoro, lavoro, lavoro. Alla Scala si forma con gli insegnamenti di Vera Valkova, Edda Martignoni e Paolina Giussani; la costanza e la forza d’animo le consentono di diplomarsi nel 1954. L’anno seguente, il grande debutto nella Cenerentola in scena al Teatro alla Scala; 31 dicembre 1955, da quel momento inizia la sua luminosissima carriera. Già parte del Corpo di Ballo, nel 1958 viene promossa Prima Ballerina, e per lei si susseguono apparizioni e ruoli in molte produzioni e teatri, anche come ospite in compagnie straniere.

Numerosi gli incontri che segnano il percorso artistico della Fracci, tra i quali quello con il coreografo John Cranko, che la vuole già nel ‘58 per il ruolo di Giulietta alla Fenice di Venezia. L’anno seguente danza a Londra al Royal Festival Hall per la prima volta interpretando uno dei ruoli che le regala l’ovazione del pubblico: Giselle, personaggio che ancora oggi si lega inscindibilmente alla ballerina milanese per la straordinaria sensibilità e la tensione drammatica dimostrate in scena.

Aurora, Gelsomina, Swanilda, e molte altre; Carla Fracci veste i panni delle protagoniste dei più celebri balletti di repertorio, ma certamente oggi la si ricorda come la ballerina romantica per antonomasia.

In ogni storia che si rispetti non può mancare il canonico principe; per Carla sono partner d’eccezione, artisti compagni di vita cui lega il suo nome in molte rappresentazioni; da Vladimir Vasiliev a Henning Kronstam, da Amedeo Amodio a Paolo Bortoluzzi a Mikhail Bariyshnikov; uno dei primi ad incontrare una giovane Fracci è il danese Erik Bruhn che la vuole accanto a sé per danzare Giselle al Metropolitan.

In seguito, esattamente nel 1963, un altro ballerino fa capolino nella vita della Fracci; l’immenso Rudolf Nureyev incontra la signora della danza italiana dando il via a un sodalizio artistico che incanterà da quel momento in poi il pubblico amante del balletto. Più volte la Fracci ha ricordato con tenerezza il grande danzatore, per lei spesso insegnante prima che partner, carismatico ed esigente.

Nonostante gli impegni e la frenesia che caratterizzano la vita di una stella della danza, Carla Fracci conosce l’amore e si sposa nel 1962 con Giuseppe Menegatti, “uomo di teatro, sensibile e geniale” che le rimane accanto seguendola in ogni viaggio o tournée con il suo sostegno. Nel 1968 nasce Francesco. Nella sua lunga carriera, suo marito oltre che compagno di vita privata è anche presente attivamente nella vita lavorativa di Carla in qualità di regista e curatore di diverse opere da lei interpretate; insieme al repertorio classico, infatti, vediamo la Fracci cimentarsi in opere contemporanee, quali Medea, Concerto barocco, Les demoiselles de la nuit, Il gabbiano, Pelléas et Mélisande, Il fiore di pietra, tutte esperienze che aumentano la sua fama di étoile internazionale.

Chignon, tulle e scarpe da punta, fedeli compagni ad ogni spettacolo, ad ogni prima, ad ogni chiamata alla ribalta dove incessanti applausi omaggiano Carla Fracci in segno di ringraziamento. Arriviamo agli anni 80 e Carla mette a frutto le sue doti di interprete partecipando come attrice a una produzione televisiva sulla vita di Giuseppe Verdi; qui è Giuseppina Strepponi, soprano e seconda moglie del compositore.

Verso la fine del decennio riceve l’incarico di dirigere il Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli; continua parallelamente la sua carriera artistica prendendo parte a L’après-midi d’un faune, Eugenio Onieghin, La vita di Maria, La bambola di Kokoschka e La primavera romana della signora Stone, quest’ultimo con Giuseppe Picone ed Alma Manera con la regia di Beppe Menegatti, per citare solo alcune delle principali.

Non mancano poi i riconoscimenti ufficiali e le onorificenze, a cominciare dalla nomina a membro dell’Accademia delle Belle Arti di Brera nel 1994 e la presidenza dell’associazione ambientalista “Altritalia Ambiente” del 1995. Volontà e impegno militante sono costanti nella vita sia artistica che privata della Fracci; nel 2003 riceve l’onorificenza italiana di Cavaliere di Gran Croce, e l’anno seguente la nomina ad Ambasciatrice di buona volontà della FAO.

Nel frattempo dopo il San Carlo, nel ’96 è passata alla direzione del Corpo di Ballo dell’Arena di Verona, dove si trattiene per una sola stagione. Il 2000 è l’anno che la vede approdare all’Opera di Roma a ricoprire il ruolo di direttrice del Corpo di Ballo, posizione che manterrà per ben 10 anni. Qui si adopera per incrementare le rappresentazioni del repertorio tradizionale portando in scena Il lago dei cigni, La bella addormentata, Raymonda, Lo schiaccianoci,  Don Quixote, Le Corsaire, Romeo e Giulietta, Les Sylphides Giselle; a lei molto caro, sceglie di riproporre il grande repertorio firmato da Diaghilev per i Ballets Russes come La sagra della primavera nella ricostruzione di Millicent Hodson, Shéhérazade, L’uccello di fuocoPetruška nelle versioni di Andris Liepa. La memoria del passato e la volontà di innovazione sono di estrema rilevanza per Carla che dimostra questo attaccamento riportando in auge balletti perduti e inserendo in programmazione nuove creazioni: Luc Bouy, Luciano Cannito, Paul Chalmer,  Fredy Franzutti,  Mario Piazza,  Vladimir Vasiliev,  Luca Veggetti,  Gillian Whittingham e Renato Zanella sono solo alcuni dei coreografi voluti dalla Fracci, aiutata nelle sue scelte dal fedele Beppe Menegatti.

La Fracci negli anni si scopre guida e insegnante per le generazioni future; un ruolo che richiede profondità psicologica e capacità di comprensione, al fine di infondere forza nei danzatori di domani, di crescerli all’insegna della passione per l’arte tersicorea, donando, mediante l’insegnamento, tutta l’esperienza raccolta in anni di carriera, di spettacoli, di sipari che si aprono e si chiudono.

La Fracci ballerina non rinuncia all’esibirsi per il suo affezionato pubblico, continuando a donarsi e a donare emozioni danzando anche dopo il compimento dei settant’anni, in coreografie create dal marito, disegnate appositamente su di lei.

Nel 2009 presta la sua esperienza e il suo carisma alla politica, accettando di diventare assessore alla Cultura della Provincia di Firenze.

Gli ultimi anni si sa sono stati di profonda crisi economica, crisi che non ha risparmiato il mondo artistico; Carla Fracci continua tutt’oggi a difendere la danza italiana. Nel 2012 si appella al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, quasi implorante, perché salvi il balletto classico e le fondazioni liriche che sembrano condannati alla sparizione. Un’inesorabile processo di smantellamento cui la Fracci non si vuole arrendere:

“Mi appello al Presidente Napolitano perché favorisca una generale ripresa della danza in Italia, mi rendo conto – dichiara Carla Fracci – che il nostro Paese sta affrontando problemi terribili che riguardano il nostro futuro, ma anche questo e un problema che tocca il nostro futuro, a partire da quello dei giovani che stanno iniziando adesso il loro percorso nel mondo della danza”.

Questo nel 2012; l’anno seguente la ballerina simbolo della danza italiana si rivolge a Laura Boldrini, Presidente della Camera per contrastare il forte ridimensionamento in atto dei gruppi di balletto all’interno dei teatri lirici italiani.

 “Ormai non se ne contano più di 5 in tutto, per un totale di circa 230 ballerini professionisti”, sottolinea Carla Fracci. “Il ballo classico ha dato prestigio al nostro Paese ed è triste che oggi sia considerato residuale. Un’arte nobile come questa non può essere trattata come una Cenerentola. La situazione italiana è unica, nella sua gravità: all’estero, nelle grandi capitali europee come negli Stati Uniti, ci sono compagnie di ballo stabili sostenute dalle istituzioni pubbliche”.

Un impegno vivo per salvare l’arte che tanto le ha dato e che ha significato molto nella sua vita.

Il 2014 la vede ancora sulle scene; in marzo ha preso parte come straordinaria interprete, prima nel ruolo di Artemide, poi Calliope, all’opera-balletto Orfeo ed Euridice con la coreografia di Fredy Franzutti per la stagione del Politeama Greco di Lecce, insieme ai danzatori del Balletto del Sud. E di nuovo in agosto è stata, nella splendida cornice della Cattedrale di Oria, Artemisia Gentileschi nel coreodramma diretto da Beppe Menegatti, spettacolo dedicato alla celebre artista e pittrice seicentesca.

Tra le apparizioni più recenti, Carla Fracci ha partecipato alla rassegna “Musica e Parole” all’interno del Festival delle Generazioni, svoltosi a Firenze ad ottobre 2020; con lei, Eleonora Abbagnato. Insieme le due ballerine hanno riflettuto sull’importanza del ricambio generazionale e della trasmissione culturale che deve necessariamente avvenire al “passaggio di testimone” ai giovani. Inoltre, in qualità di ambasciatrice di Expo 2015, ha tagliato il nastro di partenza che avvia la diffusione della moneta dedicata all’evento; in particolare ha ricevuto l’edizione rosa, simbolo del programma “We women for Expo”.

Nel giugno del 2019 riceve il premio alla carriera del “Novara Dance Experience” consegnatole da Lorella Cuccarini e nello stesso anno ha debuttato in “Omaggio a Fellini” con Giancarlo Giannini e il Balletto di Benevento.

Carla Fracci, mito della danza, stella del balletto, fiore all’occhiello del nostro Paese, colei che dal gruppo degli esaminati da rivedere è passata ad essere allieva, solista, prima ballerina, ha sofferto, lottato, lavorato strenuamente giorno per giorno ed è diventata Signora della Danza.

“Carla, eterna fanciulla danzante”, così come la definì Eugenio Montale ci ha lasciati un anno fa. Il vuoto è immenso, il dolore grande. Ma le stelle, quelle vere, non smettono mai di brillare.

Arrivederci Carla.

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