Un tango in maschera

di Vittoria Maggio
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Finché c’è tango c’è vita oggi riprende il tema di un articolo di qualche mese fa dedicato al concetto di “maschera” e festeggia così la settimana di Carnevale, invitando a una semplice riflessione su noi stessi, ascoltandoci più intimamente quando balliamo tango anche in queste serate dove le milonghe si riempiono di costumi, coriandoli e allegria.

La maschera, il travestimento, la forma e l’essenza, la persona e il personaggio sono temi antichi e nuovi, dal teatro greco a Pirandello ai Social Network; sono profondi e radicati in ognuno di noi: la magia della maschera che coprendo, mostra invece uno dei lati della nostra variegata personalità, é alchimia affascinante il cui meccanismo  è materia di psicanalisi.

Il tango rappresenta la lunga camminata della vita e la nostra quotidianità é fatta purtroppo anche di maschere “sociali” da noi indossate spesso in modo automatico.

La milonga invece, in quello stesso attimo in cui noi ne varchiamo la soglia, ci offre la rara opportunità di lasciare fuori dalla porta tutte le nostre maschere.

La danza infatti ha tra le sue magiche funzioni quella di liberare la nostra personalità, il nostro vero io grazie al linguaggio del corpo che non può che essere naturale e istintivo; è molto difficile mentire col nostro corpo, è molto difficile non essere noi stessi quando balliamo.

Ancor più nel tango che col suo linguaggio dell’abbraccio mette le persone  in comunicazione corporea, pelle a pelle, cuore a cuore, respiro con respiro…e come si potrebbe modificare deliberatamente il tatto, il battito cardiaco oppure il ritmo del respiro? Come si possono celare tensioni, emozioni,  paure o desideri nell’abbraccio di qualcuno?

Si ha una sola chance: non abbracciare…e quindi non ballare tango! Infatti tante persone ballano tango senza davvero ballarlo, solo che non se ne accorgono…Recitano il ballare tango, usano la maschera del tango per ballarlo e nel loro volto si percepisce la rassicurante maschera di plastica connotata da eccessivo sorriso o melanconico trasporto….invece il tango, il vero tango non vuole maschere, anzi aiuta a toglierle e a ripristinare l’equilibrio tra il nostro interno e l’esterno, se ne accettiamo la sfida o meglio l’opportunità.

Chissà se il genio di Luigi Pirandello, il mastro del reale e apparente, partito al seguito della sua compagnia in tournée in Sud America e innamorato di Buenos Aires avesse in mente una novella che mettesse in risalto questo aspetto del tango?!

Pirandello era un noto frequentatore del Cafè Tortoni, il più antico Caffè dell’Argentina, aperto nel 1858, e ancora oggi il famoso ritrovo gli dedica rassegne e omaggi: il noto drammaturgo diventò grande amico di Carlos Gardel, di cui adorava la voce e l’interpretazione e pare che ascoltarne i tanghi ne curasse o almeno alleviasse la sua amarezza esistenziale.

Il tango con la sua melodia, i suoi testi di vita vissuta, la fisicità  e le emozioni con cui il suo abbraccio ci costringe a misurarci, fa uscire allo scoperto il nostro vero “io” lasciando fuori dalla milonga i nostri “abiti ufficiali”.

Oltre a quelli, è saggio lasciare fuori anche i pregiudizi, i giudizi, i commenti, le critiche, sospendere il pensiero razionale e lasciar parlare l’intelligenza emotiva.

È una opportunità che si può cogliere e che si può non cogliere e che a un attento osservatore viene rivelata già dallo stesso modo in cui ognuno di noi balla: ci vuole coraggio con se stessi per mettersi in gioco e in discussione in quell’abbraccio tanguero dove ascolti e sei ascoltato nelle tue innumerevoli sfumature di colore.

Chi coglie questa opportunità, fa un percorso di conoscenza di sé meraviglioso, che lo porterà a migliorare se stesso e il suo essere e stare con gli altri. Chi non la coglie, rimarrà la maschera di se stesso.

Vi rimando al link della nostra rubrica che approfondisce la nascita della”maschera” nel tango argentino, buona lettura: https://www.dancehallnews.it/la-maschera-del-tango-proiezione-e-ricerca-di-unaltra-identita/

Come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!

Un abbraccio!

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