Finché c’è tango c’è vita ha ballato a Parigi in una delle milonghe più famose della città “El Colectivo”. La milonga prende il nome dal famoso autobus urbano di Buenos Aires conosciuto come Colectivo nato attorno agli anni ’20 quando un gruppo di taxisti decise di creare un servizio con itinerari prestabiliti e fermate fisse che raccogliesse un numero maggiore di persone.
Parigi è sempre Parigi al di là di retorica e abitudine. La città dell’arte, della cultura, della moda, dove ci si sente “mondani” solo al pensiero!
Come poteva una città come questa non essere parte della storia del tango argentino?
E così è stato: nel primo Novecento infatti, nella Belle Époque, in quel periodo frizzante, pieno di ricchezza e di novità, in grande sviluppo economico, serenità, progresso e libertà, il tango mosse i suoi passi alla conquista dell’Europa.
Il tango è storicamente legato alla Parigi delle prime decadi del 1900. Attorno al 1915 -1920 il compositore e musicista Angel Villoldo, l’autore del famoso brano El Choclo, fu uno dei responsabili dell’esportazione del tango in Europa che contribuì a dare al tango carattere di internazionalità e lustro, facendolo uscire dalle polverose strade e dalle origini popolari di Buenos Aires.
Parigi divenne la seconda patria del tango: depurato delle figure troppe sensuali e provocanti, divenne un ballo amato dalla gente chic. Perse parte del suo carattere di improvvisazione e divenne standardizzato e codificato, fino a trasformarsi in spettacolo e quindi ammirato e imitato da ogni classe sociale.
Parigi in quegli anni era il centro della cultura e della letteratura per eccellenza: pittori, scrittori, musicisti avevano trovato la loro “culla” e il tango trovò la sua seconda nascita.
Fu miracoloso vedere come le francesi, con il loro senso squisito della misura, seppero trasformare il tango e interpretarlo; un tango edulcorato, parigino, con grazia leggera, quasi da non toccarsi, mondato da intrecci eccessivi di cosce, sguardi carnali e respiri condivisi.
Nel 1912 a Buenos Aires ballare il tango era tipico della gente dei bassifondi, e nessuna persona per bene avrebbe pensato di danzarlo, men che meno le signorine della borghesia!
La moda di Parigi lo rese invece accettabile e “pulito” e dopo il successo forse imprevisto, fu accettato anche dalla borghesia di Buenos Aires iniziando così la luminosa epoca del tango argentino.
Come sarebbe bello poter tornare al periodo della Belle Epoque in un batter d’occhi così come succede nel film Midnight in Paris di Woody Allen dove i protagonisti si trovano per magia riportati a quegli anni di colta ebrezza!
Non potendo rendere realtà un “ritorno al passato” , Finché c’è tango c’è vita, grazie a Radio Crossover Tango, è in grado di guardare con gli occhi di un cronista dell’epoca, Georges Goursat in arte SEM, l’arrivo del tango a Parigi. SEM scrisse una serie di quattro articoli raccolti successivamente sotto il titolo di Les possédées, ossia “Le possedute”.
SEM ne fa una meravigliosa descrizione che nella sua dettagliata osservazione non è così lontana dallo scenario del nostro secolo: sicuramente anche oggi un osservatore solitario e casuale si sentirebbe inopportuno, “un intruso, un reietto”, sicuramente i codici del tango hanno un ché di esoterico per chi non è dentro ad essi, sicuramente un ché di ripetitiva follia!
Ecco parte del testo:
“Da qualche tempo tutte le sere, verso le cinque, si può vedere in uno dei grandi viali dell’Étoile davanti a un edificio di bella apparenza manifestarsi un movimento ritmico, insolito, che contrasta in modo evidente con la calma della muta facciata dalle finestre spente. Automobili di lusso fanno scendere ininterrottamente donne ed uomini eleganti che si introducono velocemente nell’edificio.
Queste entrate furtive portano con sé qualcosa di sospetto, di clandestino, che intriga. Le donne soprattutto colpiscono per la loro fretta febbrile.
La macchina rallenta lungo il marciapiede e loro schizzano, sbattendo la portiera e, inciampando nel loro vestito stretto e sui loro tacchi alti, si precipitano verso l’androne. Senza proferire parola, passano davanti al loggiato, raggiungono il cortile.
Tutto è buio. Soltanto alcune finestre del pian terreno, illuminate fievolmente, lasciano trasparire, attraverso le persiane, delle ombre slanciate, ondeggianti al ritmo di una musica assillante, che turba la pace borghese dei piani superiori.
Ai primi richiami di questa melodia, l’andatura di queste donne cambia all’improvviso, il loro passo diventa scorrevole e ondeggiante.
Travolte dalla cadenza imperiosa, come sotto l’impulso di un suggerimento irresistibile, si dirigono verso l’appartamento misterioso; si dondolano, frementi d’impazienza, finché sulla porta semiaperta, senza curarsi di togliere le loro pellicce, le loro borse ancora chiuse incollate alle loro mani nervose, si abbandonano alle prime braccia che le accolgono, che le aspettano con impazienza.
L’immagine è quella di donne desiderose di rubare alla vita dei momenti emozionanti, di vivere esperienze forti, di essere coinvolte in giochi passionali e di abbandonarsi alla trasgressione.
In quest’atmosfera febbrile e vibrante uomini e donne, la cui estrema eleganza contrasta con la nudità del locale, strettamente abbracciati, ondeggiano, serpeggiano e sembrano strisciare verticalmente l’uno contro l’altro, come ombre proiettate su di una tenda o riflesse sull’acqua che si muove.
I loro corpi abbracciati, intrecciati, che si sfiorano petto contro petto e ventre contro ventre, incastrandosi con ardue e regolate torsioni, girano lentamente, si contraggono quasi sul posto al ritmo di questo incantesimo triste ed esaltato.
Ballo singolare! Non una risata, non uno squillo di voce, nessun rumore di festa.
Nulla, se non la musica cupa ed angosciante e lo scivolare dei piedi sul parquet. Queste evoluzioni sconcertanti, questa semi immobilità tormentata nulla ha del ballo, né la sua allegria fisica, né il suo delirio di movimento.
In mezzo a questa inquietudine sconosciuta si ha consapevolezza di essere un intruso, un indesiderabile, un reietto e si sente la necessità di allontanarsi da questo cenacolo inclassificabile che si avvicina al tempo stesso alla fumeria d’oppio, alla casa di cura o ad altro ancora.
Le donne, in preda a un’esaltazione mistica, gli sguardi verso l’interno, inclinano i visi estasiati, gli occhi chiusi su un sogno interiore. Qualcosa di superiormente casto, di nobile, di religioso si sprigiona da tutte le loro movenze, persino da quelle più sensuali.
Da quel momento, questa nevrosi ha fatto dei terribili progressi. Con rapidità folgorante si è diffusa in tutta Parigi, ha invaso i saloni, i teatri, i bar, i cabaret, gli hotel e le balere. Ci sono tango-teatri, tango-esposizioni e tango-conferenze.
Mezza Parigi si strofina all’altra metà. Tutta la città è entrata nel turbinio: ha il tango nella pelle!”.
E come sempre buon Tango a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!
Un abbraccio!