Durante una notte di tango spesso ricorrono un paio di domande che vengono formulate quasi con una punta di sogghigno indagatorio da chi osa intavolare la questione.
Una di queste è “Ti piace il vals?”, l’altra è la sua variante di genere “Ti piace la milonga?” che più di frequente viene però formulata in maniera funzionale allo scopo e cioè “Balli la milonga?”. Certo nessuno chiederebbe mai “Ti piace il tango?” oppure “Balli il tango?”, siamo tutti lì per quello, la domanda sortirebbe come minimo incredule espressioni.
Per vals e milonga le cose cambiano: un po’ come quando in sala danza si chiede di eseguire la diagonale di passi anche a sinistra. In effetti la stessa insegnante di danza tende a proporre la diagonale di sinistra con un sogghigno o con una punta di tono luciferino nella voce. Sadicamente appare in quel momento agli occhi alzati al cielo degli allievi che iniziano a entrare in panico e ansia di prestazione!
Che cosa cambia in realtà?
Cambia l’abitudine in valore assoluto.
Tutti sono abituati a “lavorare” con la destra poiché la maggior parte delle persone nasce destrorsa e perché la stessa lezione lascia un po’ in secondo piano la parte sinistra (a volte non tutto si riesce a fare per questioni di tempo); tutti sono abituati a ballare il tango, poiché scelgono di imparare a ballare il tango, mentre vals e milonga sono due generi o due varianti di esso cui non si pensa iscrivendosi a un corso, banalmente non se ne conosce l’esistenza e quindi il loro apprendimento è un qualcosa che non si cerca ma che forse un po’ si subisce.
Ma, ammetiamolo, è anche meno semplice ballare vals o milonga: se in un tango puoi ripetere ad oltranza una sequenza di cui ti sei impadronito e fare comunque una discreta performance, negli altri due generi viene richiesta assoluta creatività, capacità di improvvisazione e soprattutto ritmica e musicalità.
È davvero difficile andare fuori tempo ballando un tango, c’è chi ci riesce ben inteso, ma grossomodo tutti sentono all’orecchio un due quarti/ quattro quarti ben marcato e regolare, senza controtempi o sincopi, dove gli accenti forti o deboli sono ben chiari.
Ma così come abbiamo il lato sinistro del corpo, così nel tango argentino, oltre al tango, che è il riferimento base, ci sono il tango vals e la milonga.
Il tango vals, o semplicemente vals, alcune volte chiamato anche valsecito, come dice il nome è una variante del tango ballata con il tempo del valzer: tre quarti, invece del tempo classico del tango. Un-due-tre dove l’accento forte e sull’un e gli accenti deboli sul due e tre.
Il vals come la milonga porta un senso di imprevisto e ansia di prestazione se pur si è tutti ben consapevoli delle sequenze delle tande proposte nella serata.
Ricordiamo che una tanda è una sequenza di brani: solitamente quattro brani di tango, oppure tre di vals o di milonga con un ordine ben preciso.
Imprevisto e ansia di prestazione dunque per la oggettiva maggiore difficoltà o minor abitudine e consuetudine nel ballo. Sulla pista cominciano a serpeggiare frasi del tipo “ ah no, io non lo ballo, non mi piace”… oppure “dopo c’è vals o milonga, vado a farmi una sigaretta”….
Ecco dunque che l’invito su questi due generi viene fatto per lo più a un partner che già conosci molto bene o nel caso di uno sconosciuto con intento indagatorio unito a una sorta di accertamento diagnostico.
Quando la risposta dello sconosciuto è “sì” scatta un doppio meccanismo reattivo: fiducia con ascolto e aiuto reciproco, come dovrebbe sempre essere, oppure sottile sfida con messa alla prova dell’audace e coraggiosa consapevole vittima da parte del più esperto carnefice che, per il primo brano, fa di tutto per mettere in difficoltà provando sottile divertimento e sadico gusto, fino a quando ritiene che la prova sia stata superata e allora finalmente si lascia andare alla più sana e doverosa complicità!
Il Vals è il romanticismo leggero e sognante della notte in milonga durante il quale il vertiginoso spacco della gonna della ballerina metaforicamente si chiude trasformandosi in un elegante abito lungo, largo, a ruota, dal delicato colore che fluttua libero sulle note musicali.
E’ infatti una derivazione del tipico valzer viennese che, già nel 1810, si danzava a Buenos Aires e a Montevideo fra le classi sociali più elevate sostituendosi alle danze più antiche e mescolandosi con polca e habanera.
Ma la danza scende sempre in strada, tra il popolo, e così è stato anche per il valzer che tra le braccia degli immigrati ha assunto morbidezza e voglia di leggerezza, trasformandosi così in vals.
Le caratteristiche principali di questo ballo sono la continuità e la fluidità dei movimenti, la leggerezza e la soavità: i ballerini danno l’impressione di scivolare sulla pista come se non volessero mai fermarsi, seguendo i rallentamenti e le accelerazioni del brano.
Non è facile ballarlo come abbiamo detto, bisogna essere molto padroni del proprio “asse” che viene messo a dura prova dai tanti e infiniti giri che la coppia fa su se stessa!
Conosciamo tutti il meraviglioso vals intitolato Desde el alma, forse è il più famoso e amato; forse non sappiamo però che questo eccezionale classico è stato composto da una donna, anzi da una ragazzina: Rosita Melo, pianista-compositrice e concertista uruguaiana, aveva appena 14 anni.
Il testo é meno leggero della sua melodia: parla di un “alma”, un’anima ferita per amore che non vuole consegnare all’oblio i ricordi e che preferisce continuare a piangere l’amore perduto. Lo cerca fra le ferite, vivendo inutilmente triste e pagando col dolore la sua unica colpa di essere stata un’anima bella! Un’esortazione finale a tornare all’antica illusione e ad aspettare il nuovo amore che porterà la vita, sembra attenuare le ferite della “notte amara del cuore!”.
Romanticismo, dolcezza e tanto immenso sentimento dunque sono presenti non solo nella musica ma soprattutto nel testo di un Vals: e dunque tangueri perché approcciare l’invito con un sogghigno fuori contesto?
Come sempre buon Tango a tutti, anzi buon Vals a tutti, a chi lo balla, a chi inizierà a ballarlo, a chi lo ascolterà oppure lo guarderà, a chi lo ama e a chi lo rifiuterà e male ne parlerà … A chi vive insomma perché Finché c’è tango c’è vita!
Un abbraccio!